Regia di Nathan Grossman vedi scheda film
Adesso, però, mi incazzo. Costi quel che costi, a partire dal distintivo di “Top User” (che è forse più quel che pesa di quel che vale), ma adesso mi incazzo davvero. Parto dalla fine: “uscito nelle sale italiane il 1 gennaio 1970”, si legge nella pagina/scheda del film qui sul sito. Greta Thunberg è nata il 3 gennaio 2003.
Passi? Passi.
O passi no, fanculo i distintivi.
L’incazzatura vera è un’altra. Come, dico scrivendolo in maiuscolo che vuol dire maleducatamente urlando, COME???? è stato realizzato questo film?
Fosse stato un film datato 2045 (duemilaquarantacinque), con Pippi Calzelunghe nel ruolo di Greta Thumberg (in latino si legge: “Grieta Tiumbèri) e Thor Valhalla Tiumbèri nei panni di suo padre, sarebbe stato un ottimo, ottimo film.
Ma invece Greta è Greta! Suo padre è suo padre; il cavallo, il cane, la vacca, la Merkel, Putin, Sarkozy e Macron sono tutti loro stessi, a partire dal quel cartello davanti al parlamento svedese “Skolstrejk för klimatet” diventato storia, che non si capisce come sia stato filmato, montato, mangiato e vomitato in buon stile Asperger in questo modo, soprattutto se ci fossimo trovati nel gennaio 1970 a passare di lì per caso, intanto che credevamo nostra figlia adolescente a scuola. Non mi meraviglio più di niente, ma proprio per questo (forse) non sono soddisfatto né di me stesso, e meno ancora del film.
C’è un aria di presa per il culo che, a confronto, le emissioni di CO2 sono profumo di margherita, vien da dare ragione a Putin.
Peccato. Peccato per me, che di Greta sono (e mi ostinerei a restare) un estimatore. Peccato per l’onestà che, se proprio dobbiamo discernere, va considerata nel doppio aspetto di reale e filmico. Dal primo punto di vista, ripeto, resto propenso a restare ingenuamente sulle mie posizioni. Dal secondo, la condanna è totale e spietata: “L’Operazione Greta” si mostra mediaticamente e socialmente a metà strada (cartina del cinema alla mano) tra Hitchcock e l’Apocalisse, tra “The Truman Show” e i grassi, nauseabondi documentari di Michael Moore, tra una Verità che pure avremmo meritato, nella quale avremmo volentieri creduto e la “Pura Formalità” di Polansky, prima che una dolce, finta arte(s)fatta Pippi CalzeThunberg si (e ci) lasciasse sbugiardare con così tanta evidenza.
HOW DARE YOU??
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta