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Triangle of Sadness

Regia di Ruben Östlund vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Triangle of Sadness

di laulilla
8 stelle

Con questo film per la terza volta Ruben Östlund riceve un ambitissimo riconoscimento a Cannes: nel 2014 Forza Maggiore ebbe il premio Un certain Regard; The Square nel 2016 ebbe la Palma d'oro, così come quest'anno Triangle of Sadness. A Cannes, evidentemente, questo regista svedese piace molto.

Il film è suddiviso in tre capitoli (girati fra il sud della Svezia e il mediterraneo della Grecia Jonica e dell'isola Eubea) ai quali corrispondono tre momenti diversi, nel tempo e nello spazio, della storia che ha il proprio centro narrativo nella seconda parte: la prima e l'ultima parte ne costituiscono rispettivamente il prologo e l'epilogo.

 

Nella sua versione non doppiata, il film è in lingua inglese, novità che ha permesso al regista l'inclusione di Woody Harrelson, nell'importante ruolo del bizzarro capitano marxista sul lussuoso yacht riservato ai crocieristi VIP che, nel secondo capitolo, attraversano il mediterraneo della Grecia Jonica.
Gli strali velenosi - tutti ce li aspettiamo - di Ostlund sono apparentemente diretti contro i loro vizi e la loro ipocrisia, ma in realtà si indirizzano a quelle classi dominanti che sono diventate padrone del mondo e di cui essi sono emblematiche rappresentazioni.
Con violenta e corrosiva ironia il regista mostra l'ingiustizia sulla quale si regge, nel mondo sempre più omologato, il potere politico, economico e militare di pochi privilegiati - uomini e donne senza particolari meriti - arrivati ai vertici di una piramide sociale, grazie soprattutto alla loro volontà manipolatoria e allo spregiudicato uso dei nuovi strumenti del consenso.


Fondamentale per il dominio di questi signori senza [altre] qualità è il controllo delle più recenti forme della comunicazione pubblicitaria, la possibilità di offrire, attraverso "esempi" di vita e di comportamento, a milioni di persone - followers - in ogni parte del pianeta l'immagine di uomini e donne eleganti e felici, dalla pelle levigata e senza rughe.
Allo scopo vengono utilizzati - e profumatamente pagati - modelli e modelle influencer che, attraverso i social, offrono a chi è sedotto dalle apparenze e dal lusso l'illusione di poter conquistare spazio nell'olimpo dei privilegi, al di là delle leggi morali e dei freni inibitori costituiti dalle ideologie repressive, ciò che spinge gli aspiranti ricchi all'emulazione e alla concorrenza più spietata, per emergere sulla schiera sterminata dei poveracci che non ce la fanno e sono costretti a servire la gerarchia sociale che li sovrasta.

 

Uomini e donne sullo yacht sono - come gli attori di una scena teatrale - personificazioni allegoriche della scala sociale in cima alla quale nessun altro all'infuori dei VIP ha accesso.
Molto al di sotto stanno i due personaggi (già conosciuti nella prima parte del film) di Carl  (Harris Dickinson) e  Yaya(Charlbi Dean Kriek), litigiosi compagni di una storia d'amore complicata che attraversa il film per tutta la sua durata.

Essi sono un "modello" e una "influencer" che, sponsorizzando prodotti di bellezza, abiti e altri prodotti prestigiosi, dispensa banali consigli e guadagna un bel po' di soldi diventando una indispensabile fabbricante di sogni.
Yaya ottiene, a riconoscimento della sua abilità affabulatoria, due biglietti (uno è per Carl) per condividere il viaggio in crociera sul favoloso e mitico yacht Cristina*
In compagnia della coppia saranno il Capitano, strano vetero-marxista tutto citazioni e alcolici; l'oligarca russo che tracannando vodka siede al suo tavolo con la moglie, non lontano dalla giovane amante; il fabbricante d'armi inglese, che ama il whisky delle Highland e ne esalta l'eccellenza.

Nessuno si avvede fra tante bevute, luculliane mangiate e tante inutili discussioni che sta arrivando la terribile tempesta, che avrebbe travolto la nave, ormai priva di timoniere e in balia di ondate spaventose che ne ne avrebbero squassato le pareti, trasformando i privilegiati crocieristi in naufraghi alla deriva.
Senza storia e senza privilegi è l'equipaggio, obbligato al sorriso e all'obbedienza anche davanti ai più strampalati desideri dei signori, nonché, in progressione discendente, gli addetti alla cucina, gli inservienti e infine le donne della pulizia, schiavizzate per ripulire senza sosta le stanze private, i bagni e gli spazi comuni, anche quando il mal di mare e il vomito dei bevitori avevano trasformato i locali dell'imbarcazione in un puzzolente mare escrementizio.

 

La pesantezza del racconto in questa parte del film, è alleggerita dal divertissement colto delle situazioni buffe e ridicole e dalle citazioni "en cinéphile", di cui è ricca, tratte soprattutto da Marco Ferreri (La grande abbuffata) a Pasolini (Salò), e dalla presenza di alcune scene indimenticabili (l'oligarca russo preoccupato di ricuperare la preziosa collana, facendola scivolare con destrezza furtiva dal collo della giovane amante moribonda...)


La terza parte, con molti sorprendenti ribaltamenti di ruolo, e con l'apparente realizzazione rivoluzionaria di un nuovo ordine sociale, non convince molto, soprattutto per il finale "aperto" o - meglio - inconcluso, che lascia l'impressione  che forse lo stesso regista non abbia voluto o saputo trarre le conseguenze di un'impostazione solo in apparenza nichilistica. Se è così, questo è un buon film lasciato a metà, ciò che spiega le riserve, le scomuniche e le condanne di molta critica soprattutto italiana.  

Anche questa parte contiene abbondanti e pertinenti citazioni, da Kubrick (Fear and Desire; 2001) a Bunuel (Robinson Crusoe; La mort en ce jardin), a Lina Wertmüller...


Credo, però, che, nonostante le sue imperfezioni, il film vada visto e meditato.
Dura più di due ore e mezza, ma si lascia vedere senza eccessiva  fatica, a patto che si colga - nell'indugiare provocatorio della macchina da presa sugli aspetti più disgustosi e imbarazzanti di una serata in cui la bella crociera si trasforma in un grottesco e infine drammatico banchetto - l'intento morale del regista che tragicomicamente mette a nudo i suoi personaggi mostrandone le debolezze e la pochezza, ma che chiede la nostra attenzione sulle  fitte ombre inquietanti che si addensano sul futuro dell'umanità e degli esseri viventi.

 

 

 

 

 

 

 

 

*La seconda parte del film è girata sullo storico Yacht Cristina, che fu di Onassis e che, opportunamente restaurato e rimesso a nuovo, è stato rivenduto e ora viene affittato a prezzi altissimi per brevi periodi. In questo caso il periodo del noleggio fu prolungato dall'impossibilità di girare in tempo di Covid

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