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Miss Marx

Regia di Susanna Nicchiarelli vedi scheda film

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La recensione su Miss Marx

di Peppe Comune
7 stelle

Eleanor “Tussy” Marx (Romola Garai) è la figlia più piccola di Karl Marx. Dal padre eredita la passione politica e ben presto diventa una convinta assertrice della causa Socialista. Partecipa alle lotte operaie, si batte per eliminare dalle fabbriche il lavoro minorile ed è tra le prime donne nella storia a porre il problema della condizione sociale della donna. Ma se eccelle sul versante militante, la giovane Marx non se la passa altrettanto bene nel versante privato. Dal padre, troppo occupato nelle faccende speculative, non ha ricevuto le legittime attenzioni filiali, mentre l’amore per il commediografo Edward Aveling (Patrick Kennedy) conosce quegli alti e bassi che servono solo a farla soffrire. Edward ha un talento straordinario per la scrittura, ma sa essere anche un uomo molto egoista e molto approfittatore. Dai rapporti tormentati con gli uomini della sua vita, Eleanor trae spunto per riflettere sulla condizione di marginalità sociale della donna e diventare una pioniera della causa femminista. Morirà suicida nel 1898.

 

Romola Garai

Miss Marx (2020): Romola Garai

 

Miss Marx” di Susanna Nicchiarelli e un film che, pur dando il doveroso spazio al piglio militante della figlia di Karl Marx, usa i fermenti operaisti di fine 800 per tratteggiare il carattere malinconico di una donna totalmente immersa nelle contraddizioni del suo tempo. Una cosa molto intelligente risiede nel come sfugge dallo stereotipo di fare di una pioniera indiscussa delle battaglie femministe un’icona vestita solo di carattere e senza fragilità da dichiarare. Infatti, pur non mancando di far emergere la figura di una donna energica e combattiva, il film si sgancia dal ritratto edificante adattato all’uso e consumo di chi, da una storia di emancipazione al femminile, si aspetta che gli vengano dette proprio le cose che vorrebbe sentirsi dire. Il pubblico e il privato si intrecciano continuamente nella figura di Eleanor, e se nel primo emerge l'intellettuale capace di seguire le orme del padre nel perorare la causa degli oppressi, nel secondo si fa strada la donna che guarda in faccia la condizione di marginalità cui si trovavano a vivere le donne.

Collegandoci con quanto scritto in precedenza, in un film biografico su una convinta adepta del Socialismo, ambientato in piena rivoluzione industriale, ci si aspetterebbero più scene di massa aventi come protagonisti indiscussi i lavoratori sfruttati. Invece, la Nicchiarelli sceglie un registro più intimista stringendo il campo visivo sul corpo di Eleanor, sui suoi scarti emotivi e le sue aperte fragilità, tutte cose che sono tipiche di chi nasconde molte più sicurezze di quando lo spessore umano e intellettuale possa lasciar trasparire verso l'esterno. Eleanor è vissuta dentro i fermenti operaisti dell'Inghilterra di fine 800, all'ombra di un gigante che ha influito come pochi altri sulle sorti della umanità. Ma questo non gli ha impedito di produrre un'autonoma libertà di azione e di pensiero, a costo però di enormi sacrifici personali, frutto della continua problematizzazione dei rapporti non proprio “lineari” con gli uomini più importanti della sua vita. Da un lato, Karl Marx, e se dall’intellettuale ha saputo ereditare la passione socialista, dal rapporto con il padre emergono delle ombre che il film mette in luce facendole risaltare nella mostrata infelicità della donna.  Dall’altro lato Edward Aveling, l'amore di una vita, che rimane tale nonostante i continui tradimenti dell’uomo e la palese ambiguità di comportamento che gli fa assumere la sua indole di libertino impertinente.

Ecco, Eleanor paga in prima persona il peso della dissociazione tra il pensiero che vola alto e il corpo che rimane a masticare amaro, tra l'idea di emancipazione “internazionalista” e le pratiche emancipatrici che devono essere buone per tutti gli scopi. È partendo dal suo rapporto amorevole e tormentato insieme con i “suoi” uomini che Eleanor inizia a riflettere sulla condizione sociale della donna, sul suo ruolo di peccaminosa marginalità all’interno del disegno politico del tempo. Le conclusioni cui arriva la portano a mettere sullo stesso piano lo sfruttamento della classe operaia e lo sfruttamento della donna, entrambi assoggettati ad uno stato di oppressione che non riconosce ad entrambi il ruolo sociale che meriterebbero. “Le donne sono vittime dell’organizzata tirannia degli uomini, così come i lavoratori sono vittime della tirannia organizzata degli inoperosi. Le donne sono state espropriate dal loro diritto di esseri umani, proprio come i lavoratori sono stati espropriati dei loro diritti di produttori. C’è un metodo che in ogni caso rende l'espropriazione possibile in qualunque circostanza ci si trovi e in qualunque momento : il metodo e la forza”.

Nel tratteggiare la biografia di Eleanor “Tussy” Marx, Susanna Nicchiarelli utilizza dei semplici espedienti di regia che servono a generare una sorta di ponte atemporale tra gli ultimi decenni dell’ottocento e il nuovo millennio. Penso a due aspetti in particolare, che mi sembra giusto mettere in risalto. Primo, Miss Marx guarda spesso in camera mentre parla, come per rivolgersi ad un qualcuno che nella sua astrazione visiva può essere chiunque altro e in qualunque luogo. O come a voler sottolineare che le cose che dice come donna e come socialista hanno un valore universale svincolato dai limiti imposti dal tempo e dallo spazio. Secondo, il sonoro entra con mitragliate rockeggianti a smuovere la compassata fissità dell’ambientazione ottocentesca (largamente usate sono i pezzi del gruppo “Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo”). Nel finale del film si vede Eleanor cantare a squarcia gola mentre si muove alla maniera di chi imbraccia una chitarra elettrica. Attraverso questi semplici espedienti narrativi, Susanna Nicchiarelli, anche facendo un film che spicca più per essere un ritratto di donna colta nella sua sofferta dimensione meditabonda che per il piglio militante che pure la caratterizza, rende evidente il fatto che Eleanor “Tussy” Marx incarna l'idea che credere nel socialismo vuol dire combatte contro ogni forma di oppressione e sottomissione. In ogni tempo e luogo. Film dal vitalismo intrigante.

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