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Cowboy

Regia di Delmer Daves vedi scheda film

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La recensione su Cowboy

di millertropico
8 stelle

Dei film di Delmer Daves sulla storia della frontiera, Bertrand Tavernier ha scritto: "i problemi che si pongono agli individui e la maniera in cui essi li affrontano non sono mai gli stessi, come se l'autore volesse sbozzare un vasto quadro, scrivere un'immensa cronaca sull'evoluzione dell'Ovest americano facendo perno non tanto sui casi di coscienza o i drammi particolari, quanto  invece sulle vicende di individui più rappresentativi, più modesti, ma le cui decisioni, imprese e gesta, posseggono una maggiore rilevanza storica e sociologica". E aggiunge ancora, proprio a proposito di Cowboy: "In questo film è bandito ogni effetto di "camera" e la regia si rifiuta di imporre checchessia alla spettatore, che non sia un'idea morale di estrema amarezza. In Cowboy insomma, il solo personaggio che cerca di porsi  delle domande non può che suicidarsi, mentre i due eroi tenteranno di continuare la loro vita insieme". Alternando toni distesi ad altri più drammatici, Daves confeziona dunque un western che solo di riflesso può inserirsi in quel filone di revisione critica all'interno del genere che si è sviluppato proprio a partire dagli anni '50 del secolo scorso. Se è vero dunque che anche qui evita i binari ben collaudati strettamente legati alla tradizione, ci offre tutto sommato invece una rappresentazione più conforme che rispetta molti dei canoni consueti proprio nella definizione dei due personaggi principali, sia pure  inserendoli in una insolita e molto accurata cornice e una altrettanto puntuale descrizione della loro vita nelle praterie del west. Il contributo degli attori è fondamentale: Glen Ford e Jack Lemmon che rivestono rispettivamente i panni del "duro" e del "novellino", danno il giusto sale alla pietanza. Le loro interpretazioni sono sfaccettate e brillanti e soprattutto umanamente convincenti, tali cioè da far diventare il film una piacevole esperienza di "semirealismo" storico..

Sulla trama

Tom Rice si assume l'onere di insegnare la propria arte di cowboy al vice direttore di un albergo di Chicago che si è associato ai suoi affari. Per il piedidolci cittadino, è una scuola faticosissima quella che deve affrontare, intessuta di prove ed esperienze durissime, ma che si dimostra particolarmente efficace. Fra situazioni drammatiche e ostacoli di ogni genere e tipo, compreso un assalto indiano, il novellino finisce per diventare a sua volta maestro di durezza, disposto a preoccuparsi più del bestiame, che non della salute degli uomini.

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