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I vampiri

Regia di Riccardo Freda vedi scheda film

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La recensione su I vampiri

di munnyedwards
6 stelle

Secondo la critica “ufficiale” il primo film horror italiano esce nel 1957 e lo firma Riccardo Freda con la collaborazione (fondamentale) di Mario Bava alla fotografia e agli effetti speciali, I Vampiri in realtà si presenta come uno strano ibrido, un opera che per vari motivi (anche produttivi) non ha un impronta ben definita ma segue diverse piste, influenze che vanno dal classico horror, al poliziesco, non dimenticando il fondamentale contorno di un opprimente e azzeccata atmosfera gotica.

Nella Parigi degli anni ’50 diverse giovani fanciulle vengono ritrovate morte, i loro corpi non presentano segni di violenza ma sono completamente dissanguati, la polizia brancola nel buio ma un reporter del giornale locale segue l’indagine con piglio deciso.

Per Pierre Lantin (Dario Michaelis) l’inchiesta sul Vampiro diventa quasi un’ossessione, intervista i parenti delle vittime e cerca dei riscontri medici, la polizia tuttavia lo guarda con crescente sospetto e spesso non gli crede, sarà invece proprio lui a scoprire la verità, una rivelazione sorprendente che lo porta nel castello della Duchessa Du Grand.

 

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Il soggetto del film, firmato dallo stesso Freda con la collaborazione di Piero Regnoli (ex critico di cinema dell'Osservatore Romano), non brilla per originalità ma si rifà ad un modello narrativo “elementare” e ultra classico che oggi appare chiaramente datato.

Il film va quindi contestualizzato al tempo della sua uscita e pur se in maniera a tratti confusa riesce a portare avanti il discorso drammaturgico che sta alla base della storia, a tenere in piedi l’intero impianto c’è la sofferta figura della Duchessa Du Grand (Gianna Maria Canale) ossessionata da un amore impossibile e non corrisposto e dallo spietato scorrere del tempo, che la priva di una bellezza dirompente ma naturalmente non eterna.

Nonostante il titolo non ci troviamo di fronte ad un film sugli eredi del Conte Vlad ma ad una storia che nella sua multiforme esposizione privilegia il gusto per il macabro (le cripte segrete, gli esperimenti) cercando e trovando nella riuscita atmofera gotica una forma accattivante e convincente, Freda da questo punto di vista è bravissimo, le parti migliori del film sono quelle dove il castello dei Du Grand diventa assoluto protagonista (la scena del ballo, il finale).

Appaiono evidenti gli omaggi, gli spunti, le citazioni ad un estetica che rimanda agli anni’40, all’espressionismo tedesco ma soprattutto alle immortali icone horror create dalla Universal, anche in questa storia è presente la mitica figura dello scienziato pazzo (Frankenstein – 1931) e del suo assistente con handicap (un omone storpio e sfigurato), sono elementi di contorno che Freda utilizza nel migliore dei modi per dare spessore e ritmo al suo racconto, una vicenda che tuttavia trova la giusta e sacrosanta esaltazione solo grazie ad una messa in scena di grande fascino e atmosfera (notevoli le scenografie di Beni Montreson).

 


 

Il film fu girato in dodici giorni e con un budget risicato, nonostante le falle di un soggetto ordinario e a tratti scricchiolante, gli evidenti problemi produttivi e le discussioni sul finale (che portarono infine Bava a prendere il posto di Freda), il cast di “contorno” che di certo non brilla per personalità e capacità attoriali, nonostante tutti questi limiti I Vampiri resta un film importante che merita di essere ricordato.

E questo perché se l’appassionato di genere troverà comunque spunti di interesse la pellicola può contare su almeno due elementi che la innalzano ben al di sopra di un semplice b-movie per soli fan, il primo è naturalmente la presenza di una bellissima, mefistofelica e drammaticamente convincente Gianna Maria Canale, l’attrice al tempo compagna di Freda qui è al suo ultimo film con il regista e fornisce una straordinaria prova dando vita ad un “doppio” personaggio in bilico tra le malinconie di un amore non consumato e la follia di una strega del Medioevo.

Il secondo elemento è quello che rende ancora oggi l’opera di Freda/Bava un esempio di magistrale tecnica visiva applicata ad un contesto artigianale e povero, mi riferisco ovviamente alle due sequenze che mostrano la spettacolare trasformazione della protagonista, il suo volto che invecchia davanti ai nostri occhi, un unico piano sequenza senza stacchi dalla resa straordinaria per il tempo, ma che ancora oggi impressiona alla faccia delle moderne tecniche in CGI.

Il merito in questo caso va tutto riconosciuto al grande Mario Bava, che con dei semplici effetti di luce e trucco rese possibile una meraviglia del genere, una scena che per forza di cose valorizza l’intero film e lo pone tra le opere alle quali almeno una visione deve essere concessa.

Voto: 7

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