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Qui rido io

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Qui rido io

di obyone
8 stelle

 

Toni Servillo

Qui rido io (2021): Toni Servillo

 

Venezia 78. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.

"Qui rido io" fa parte del filone biografico tuttavia preferisco non etichettare il film di Mario Martone nel genere a cui è inevitabile accostarlo. Questa mia personale valutazione deriva dall'esiguo lasso temporale preso in considerazione nel raccontare la chiassosa famiglia dell'attore e commediografo napoletano Eduardo Scarpetta e, soprattutto, dalle intenzioni del regista, che suole scavare nel passato del nostro paese per parlare dell'oggi. Come in "Capri-Revolution" dove appariva evidente la volontà di rileggere la storia secondo una prospettiva femminile e contemporanea, Mario Martone ed Ippolita Di Majo sviluppano la loro analisi sull'arte dell'attore napoletano prendendo a prestito gli anni più tribolati della vita professionale di Eduardo che nel 1904, all'apice della carriera, venne portato in tribunale con una causa intentata da Gabriele D'Annunzio. Il processo che durò alcuni anni occupa una parte marginale del film ma è di vitale importanza tanto che il regista napoletano chiude con il processo per rimarcare la centralità del verdetto per l'intera cultura italiana. Che il risultato ottenuto in tribunale abbia giovato molto più all'arte successiva che al lavoro di Scarpetta è dimostrato dal ritiro dalle scene del commediografo, pochi anni dopo l'esito della vicenda, e dal proliferare dalla comicità nei teatri e nei cinematografi italiani. Nel dare ragione al commediografo napoletano il tribunale sancì la libertà dell'artista di trasformare un'opera in parodia senza che ciò significasse la lesione dei diritti dell'autore del componimento originario. Ricordo che Scarpetta fu processato per aver scritto una propria versione della "Figlia di Iorio" poema d'annunziano che nelle sue mani divenne "Il figlio di Iorio". 

Come spiega il filosofo Benedetto Croce all'accusato, la parodia non può essere condannata perché il suo fine ultimo è notoriamente diverso rispetto all'opera a cui si ispira. Non si tratta, dunque, di saccheggio, secondo Croce, quello operato da Scarpetta perché l'intento del parodiante è di rileggere in chiave comica l'originale ed adattarlo ad una precisa situazione sociale e temporale. Il parodiante vuol deridere il prototipo e non ottenere un risultato simile all'originale. Chi si appropria dell'altrui lavoro ha l'ambizione di raggiungere i medesimi risultati senza possedere uguali abilità creative. Dalla mancanza di talento deriva dunque la lesa maestà del lavoro dell'autore ed il comportamento illecito dello scrittore di second'ordine.

 

Toni Servillo, Alessandro Manna

Qui rido io (2021): Toni Servillo, Alessandro Manna

 

Mario Martone non si limita alle questioni filosofiche e giurdiche, anzi trasmette il sincero ed appassionato messaggio che l'arte si manifesta tramite linguaggi diversi. Tragedia e commedia appartengono all'arte. Il teatro non discrimina tra l'una e l'altra, semmai lo fanno gli uomini. Scarpetta fu vittima della discriminazione dei giovani letterati napoletani che non apprezzavano la sua dialettica popolare e che gli rimproveravano di dare una rappresentazione inadeguata dei drammi del popolo napoletano.

Martone, invece, si chiede se ha più dignità il lirismo poetico e tragico di D'Annunzio, che ripropone a teatro una tragedia rustica ambientata tra i villani d'Abruzzo, o le risate e i pettegolezzi della gente comune delle borgate napoletane. Qual è il giusto modo di rappresentare il popolo e le sue tragedie? Il dramma d'annunziano o la risata scarpettiana?

Cos'è più vicino al popolo? Giocoforza la tragedia è più vicina alla povera gente che vive sulla propria pelle le difficoltà della malattia, della fame, della mancanza di lavoro ma non lo è lo stile aulico del Vate. "La figlia di Iorio" non avrebbe mai raggiunto il popolino che si identificava nel dialetto popolare, nei doppi sensi delle battute, nella rozza risata che esorcizzava i mali e le tragedie comuni.

Forse la tragedia è più adatta all'uomo colto e ricco che vive nel lusso e può calarsi nella sofferenza per poche ore. Chi la sofferenza la vive ogni giorno preferisce, per poche ore, l'evasione di una grassa risata.

Io direi che "Qui rido io", fin dal suo titolo, ci vuole trasmettere questo messaggio pacificatorio. Il resto è la storia di Eduardo, dei suoi numerosi figli, delle sue molteplici donne e dell'attaccamento alla famiglia e al teatro che Eduardo, Titina e Peppino De Filippo erediteranno rendendo ancor più popolare ciò che lo "zio" aveva già reso grande.

 

Toni Servillo, Chiara Baffi

Qui rido io (2021): Toni Servillo, Chiara Baffi

 

 

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