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Nido di vipere

Regia di Kim Yong-Hoon vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Nido di vipere

di laulilla
8 stelle

Da un romanzo del giapponese Keisuke Sone nasce questo bel film sud coreano. Nelle sale dei nostri cinema dal 15 settembre.

È ambientato nella Corea del sud e si svolge nei nostri giorni, ovvero nei momenti bui della profonda crisi economica che la Corea sta attraversando come tanti altri paesi del mondo.

Anche lì l’ingiustizia diffusa e l’aumento dei poveri creano le condizioni per il dilagare della criminalità più feroce, legata strettamente all’usura.  

Nel disinteresse delle autorità, chi è drammaticamente angustiato dalla fame e dai problemi spesso si indebita, senza alcuna possibilità di restituire, ed è coinvolto, al di là delle intenzioni, nella guerra che si combatte lungo le strade delle città e dei piccoli centri per il controllo mafioso delle bande di strozzini.

 

Dallo smarrimento di una grande e vistosa borsa da viaggio firmata Louis Vuitton si sviluppa la narrazione del film: che quell’oggetto abbandonato contenga molto denaro è intuibile subito e che a molti quel denaro faccia gola, è ovvio.

 

La vicenda:

 

Nonostante l’attenta sorveglianza non sempre disinteressata, la preziosa borsa era finita nelle mani di un umile inserviente d’albergo: l’addetto (part-time) alle pulizie del pavimento della sauna di un grande hotel di Pyeongtaek – città portuale in cui si svolge il racconto
Qualcuno l’aveva persa e il poveretto – onest’uomo sottopagato, strozzato dai debiti e costretto a occuparsi di una madre semiparalitica e demente – aveva pensato di metterla al sicuro: servirsene per far fronte alle esose richieste dell’usuraio era una recondita e inconfessata intenzione…

 

Il segreto ripostiglio della borsa, però, era stato scoperto presto: da quel momento il regista mette in moto, per capitoli, destrutturando ogni linearità narrativa, i meccanismi di una commedia nera, rendendo plausibili e divertenti situazioni strampalate e verosimiglianze improbabili, nonché inattesi e sorprendenti personaggi.

 

Spuntano, dunque, persone strane e poco raccomandabili: un funzionario pubblico indebitato con un gangster; la conduttrice di un night sotto le mentite spoglie di una femminista, l’entraîneuse che lavora presso quel locale e vorrebbe uccidere il marito violento con l’aiuto di un cliente, uno strozzino delinquente…

Il regista sincreticamente e lucidamente contamina con elementi del cinema occidentale il cinema sudcoreano tradizionale, dai beffardi fratelli Coen arriva l’interrogarsi sul caso e sul suo ruolo nella vita degli uomini, da Quentin Tarantino gli inevitabili riferimenti  a Le jene e a Pulp Fiction  nonché il gusto del grand guignol che umoristicamente introduce elementi diversi nel determinismo cupo dei film sulla ferocia degli usurai di Kim-Ki-Duck, (Pietà), nonché nel più recente Parasite di Bong Joon-ho.
La crudeltà deterministica della lotta per l’esistenza, emblematicamente rappresentata dallo squalo-toro tatuato sul corpo di due donne, viene in tal modo ridimensionata per leggere e modificare i rapporti umani e  le relazioni fra i sessi: Il denaro è davvero lo sterco del diavolo che provoca ogni guaio o è, invece, uno strumento che, amministrato con un po’ di saggezza e con senso della misura e della solidarietà può promuovere una vita meno grama, come sostiene, con dolce ironia, il sorprendente finale del film?

 

 

 

 

 

Molto ben diretto dal regista Kim Yong-Hoon che ne è anche lo sceneggiatore, insieme a Keisuke Sone, il film è una notevole opera prima, che non lascia delusi gli spettatori.

Gli attori sono tutti bravissimi: la più nota è Jeon Do-yeon, dal 2006 sui set cinematografici sudcoreani ( vista e apprezzata  in Secret Sunshine - 2006 e in The Housemaid – 2010), la quale interpreta con professionalità la sua parte di perfida finta femminista, priva di scrupoli ed è affiancata da un cast di attori e attrici di prim’ordine, una delle quali è Yuh Jung Youn (fu con Isabelle Huppert in In Anhother Country - 2012 – ed è stata l'anziana nonna coreana in Minari - 2020), qui nei panni della vecchia madre malata e demente (ma forse meno di altri...).

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