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Police

Regia di Anne Fontaine vedi scheda film

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La recensione su Police

di Furetto60
7 stelle

Insolito poliziesco. Ottimo lavoro di Fontaine e cast perfettamente in parte.

Siamo a Parigi, nell'incipit un’ interessante presentazione dei tre agenti della polizia nazionale Francese, del distretto di Aubervilliers; attraverso piccoli capitoli introduttivi, la regista ne racconta la vita privata, assumendo di volta in volta la prospettiva di ognuno dei tre, in piccole istantanee del loro quotidiano, comprese le questioni irrisolte e dolenti. Il plot ci fa cogliere come dietro la divisa ci siano uomini e donne con le relative problematiche familiari ed emerge la simbiosi tossica tra vita professionale e privata, e la figura del poliziotto è il perfetto prototipo di questo tipo di “paradigma” con nuclei familiari disgregati, nervi sempre tesi, alcool, fumo ed orari impossibili.Virgine è depressa non ama più suo marito e non tollera il suo bambino di 18 mesi, che le impedisce di dormire e in più ha appena saputo di essere rimasta incinta, a seguito di una relazione extraconiugale con il collega Aristide, tipo solo apparentemente allegro, in realtà uomo insicuro e preda di attacchi di panico e poi c'è Erik con problemi di alcolismo e angustiato per il suo matrimonio che va a picco. Li osserviamo nell’esercizio delle loro attività: sedare una rissa, tenere a bada i manifestanti, recuperare i beni di una donna picchiata da un marito violento, infine recuperare il cadavere di un bambino conservato in un frigo, ascoltando le farneticazioni della madre assassina, che cerca di giustificarsi con parole che non si possono sentire :"Amo mio figlio, volevo solo metterlo un po' al fresco"; insomma un assortito campionario di orrori urbani. I tre si ritrovano una sera sulla stessa auto di pattuglia, incaricati di scortare all’aeroporto Charles de Gaulle un migrante del Tagikistan per un rimpatrio coatto, tale Tohirov. Virginie è seduta accanto a costui che non comprende il francese e neanche l'inglese, è visibilmente disperato, lei da una veloce scorsa al suo fascicolo, apprendendo con sgomento le violenze che ha patito in patria e intuendo che una volta in Tagikistan andrà dritto nelle mani del boia. Cosi cerca di persuadere i colleghi a lasciarlo scappare, Aristide è più malleabile, Erik più ostinato, comincia un'interminabile notte, scandita da un estenuante braccio di ferro psicologico, in un serrato confronto nell'abitacolo dell'auto;la tensione si taglia col coltello, Erik teme severe ripercussioni ad un'eventuale fuga agevolata; tuttavia i tre poliziotti al di la delle apparenze non sono dei duri, ma sensibili rispetto al dramma che si sta consumando. A un certo punto anche Erik cede, ferma l'auto in un bosco isolato vicino all'autostrada, per dare al prigioniero possibilità di fuga. Ma Tohirov teme che questa azione sia un trucco per giustiziarlo e non si schioda dal sedile,dunque consegnano il detenuto alla polizia di frontiera, ma in chiusura c’è un altro colpo di scena che ovviamente non si svela. La regia si pone sapientemente al servizio degli attori, che esprimono con molta abilità i tormenti emotivi di questi tre poliziotti e del loro prigioniero. Tratto da un romanzo di Hugo Boris. Anne Fontaine gira un poliziesco teso,insolito, ricco di pathos. Stavolta la formula è rovesciata: le forze dell'ordine sono disposte a remare contro legge pur di salvare una vita umana. Film non perfetto, ma che si pone sapientemente nel dibattito attuale circa l'accoglienza dei rifugiati politici, interrogandosi sul senso di espulsioni, che spesso decretano morte sicura

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