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Beckett

Regia di Ferdinando Cito Filomarino vedi scheda film

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La recensione su Beckett

di munnyedwards
4 stelle

 

Ci sono tematiche che sembrano sempre attuali e interessanti, che si rinnovano, o almeno ci provano, nel corso degli anni stimolando la fantasia dei narratori, storie universali che attraverso sensibilità diverse e un naturale processo di mutazione aspirano ad una lettura se non proprio originale, perlomeno funzionale e convincente.

L’uomo vittima di un fato beffardo, in fuga da un pericolo che neanche comprende, una minaccia apparentemente ingiustificata ma solidamente concreta, è questo il tema scelto dal regista Ferdinando Cito Filomarino per la sua opera seconda (dopo Antonia e sempre sotto l’ala protettiva/produttrice di Luca Guadagnino), un tema che nella sua essenza si pone come classico tra i classici e per questo di immediata lettura e definizione, il solco è già tracciato, si tratta di lavorarlo correttamente trasformando la naturale empatia dello spettatore in reale e convinto piacere visivo.

Un'operazione più facile a dirsi che a farsi perché gli inciampi sono sempre dietro l’angolo, nel caso specifico il soggetto a firma dello stesso regista (con sceneggiatura di Kevin Rice) si affanna nella ricerca di un equilibrio testuale che soddisfi le diverse ambizioni del racconto, una storia lineare e basica che cerca di miscelare l’inevitabile componente action con la più rigorosa dimensione del thriller politico, senza dimenticare il travaglio psicologico di un protagonista braccato dal senso di colpa e da minacciosi killer.

Facile ispirarsi a film che sono ormai dei classici e a registi che hanno costruito la propria carriera su un certo tipo cinema, non sorprendono quindi gli scontati riferimenti all’opera di Costa-Gravas o a pellicole come I tre giorni del condor (Pollak) e Fuggiasco (Reed), entrambe citate dallo stesso Filomarino nell’intervista presente sul sito (insieme al romanzo I trentanove scalini di John Buchan), ma gli spunti da soli non bastano se poi non trasformano questi omaggi/riferimenti in una storia che abbia una sua precisa identità, capace di reggersi solidamente sulle proprie gambe.

 

John David Washington

Beckett (2021): John David Washington

 

Beckett non riesce in questa impresa e fallisce proprio negli intenti dichiarati dagli autori, ossia quelli di presentare una vicenda che fosse stuzzicante da un punto di vista ludico ma allo stesso tempo credibile e realistica, in realtà la spasmodica e insistita ricerca di un basso profilo action priva la storia di quella che dovrebbe essere la sua componente principale, con l’inevitabile risultato di trasformare la suspense della fuga in una scontata sequela di eventi prevedibili e privi di reale tensione narrativa.

Protagonista del film è un turista americano in vacanza con la sua compagna (John David Washington/Alicia Vikander), vittima di un drammatico incidente si ritrova inseguito da persone che lo vogliono uccidere e coinvolto suo malgrado in un intrigo politico nella Grecia delle imposte restrizioni economiche, poliziotti corrotti, attiviste, bambini rapiti e un interessante scenografia naturale che passa dagli essenziali scenari montuosi a quelli più vitali e frenetici di una metropoli come Atene.

Chiaramente il film si regge tutto sulle spalle del personaggio principale, un antieroe dallo scarso appeal presentato come il classico uomo comune e quindi quanto mai lontano dai pompati stereotipi a stelle e strisce, questa è una precisa scelta di Filomarino che la esplicita ripetutamente e con convinzione sviluppando un vero e proprio paradosso, perché questa pressante ricerca di realismo finisce per penalizzare l’odissea avventurosa di Beckett (il titolo del film è anche il nome del protagonista), trasformando i suoi antagonisti in figure decisamente poco credibili, che compiono azioni che non hanno basi logiche, se non quelle di consentire all’uomo braccato di arrivare dal punto A al punto B con modalità improbabili e altamente inverosimili.

La conseguenza più evidente di questo cortocircuito è che una storia che dovrebbe alimentare la tensione, trascinando emotivamente lo spettatore, non raggiunge mai il suo obiettivo, ma si sgonfia come una ruota bucata dopo neanche mezz’ora, lasciandoci in balia di una messa in scena ripetitiva e piatta, pericolosamente vicina a quella di un mediocre serial televisivo.

 

John David Washington, Ferdinando Cito Filomarino, Vicky Krieps

Beckett (2021): John David Washington, Ferdinando Cito Filomarino, Vicky Krieps

 

Mentre seguivo le peripezie di un John David Washington spaesato e confuso mi è tornato alla mente un Harrison Ford d’annata, il film in questione è Il fuggitivo diretto da un buon mestierante come Andrew Davis, non un capolavoro ma al tempo un grandissimo successo commerciale e di critica, questo collegamento è stato immediato perché nella pellicola di Davis è presente un elemento che manca clamorosamente in quella di Filomarino, la perfetta e funzionale (per la storia) definizione dell’antagonista, nell’occasione uno straordinario Tommy Lee Jones che vinse addirittura un Oscar.

Beckett ha molti problemi (la regia e la sceneggiatura sono tra questi) ma il più penalizzante è che la sfida tra preda e predatori non funziona mai, perché il protagonista ha il fascino di un cespuglio greco e perché i suoi inseguitori sembrano usciti da una commedia che non fa mai ridere.

Occasione mancata, cast sprecato (la Vikander fa quindici minuti, la Krieps interpreta un personaggio secondario), non convince quasi nulla, compresa la sotto trama politica che alla fine si riduce ad un semplice espediente, a tratti si vede del fumo ma quando vai a controllare non trovi nessun arrosto, il finale dove il tanto costruito uomo comune si trasforma in John McClane sembra una vera e propria presa in giro.

Voto: 4.5

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