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L'avventuriero della Malesia

Regia di Carol Reed vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'avventuriero della Malesia

di maurizio73
5 stelle

Turgido dramma esotico che secondo alcuni rappresenta l'inizio del declino dell'apprezzato regista britannico Carol Reed, è un adattamento abbastanza fedele del secondo romanzo della trilogia malese di Joseph Conrad con alcune edulcorazioni ideologiche ed una convincente interpretazione di Trevor Howard.

Licenziato a causa di un furto dal ricco commerciante indonesiano di cui è impiegato di fiducia, il giovane e intraprendente Willems viene condotto dal suo mentore, l'anziano e rispettato capitano Lingard, in un remoto avamposto commerciale del Borneo. Innamoratosi di una avvenente ragazza nativa, troverà anche qui il modo di tradire la fiducia di chi l'ha aiutato, venendo definitivamente ripudiato e allontanato dal consorzio civile.

 

locandina

L'avventuriero della Malesia (1952): locandina

 

Così era il mare prima che il cervello francese

mettesse in moto muscoli egiziani [...]

Allora un immenso drappo di fumo emesso da innumerevoli navi a vapore

si distese sull'agitato specchio dell'infinito.

 

Turgido dramma esotico che secondo alcuni rappresenta l'inizio del declino dell'apprezzato regista britannico Carol Reed, è un adattamento abbastanza fedele del secondo romanzo della trilogia malese di Joseph Conrad. Destinata dapprima alle sapienti mani di Graham Greene (autore dei più grandi successi del regista come The Fallen Idol e The Third Man), la sceneggiatura viene affidata allo scrittore inglese William Fairchild che ne ricava uno script che fa della compattezza e della perentorietà dei dialoghi le sue note peculiari, lasciandosi indietro buona parte delle scabrose tematiche conradiane legate alle degenerazioni delle politiche coloniali (inglesi ed olandesi), ai retrivi pregiudizi razziali della società vittoriana ed al pessimismo cosmico di un autore che ha fatto del ridondante lirismo delle descrizioni figurative il suo principale marchio di fabbrica. Salito agli onori delle cronache mondane per la conturbante bellezza esotica dell'esordiente attrice francese Kerima (spacciata per algerina dal battage pubblicitario imbastito dalla London Film Productions di Alexander Korda) ed entrato nel mirino della censura per il lungghissimo bacio (un minuto e cinquantadue secondi) tra i protagonisti, il film di Reed in realtà soffre delle fondamentali edulcorazioni di un convenzionale dramma borghese che elimina qualunque riferimento ai compromessi sociali di mogli meticce della fonte letteraria (quella di Almayer e quella di Willems sono compite consorti olandesi) ed alla turbolenta situazione politica delle colonie europee del Borneo che evita di menzionare le significative figure di gorvernatori locali che tramano nell'ombra, ora insieme ora contro i rappresentanti commerciali dei rispettivi emissari europei. Il risultato è un dramma torbido e un po' oscuro valorizzato dal suggestivo contributo di Edward Scaife e John Wilcox nell'evocare la malia delle foreste malesi fotografando in realtà locations dello Sri Lanka e della tormentata interpretazione di un Trevor Howard che riproduce bene, anche nella butterata fisionomia di dettagliati primi piani, l'ambiguo prototipo della corruzione morale che una traviata vocazione commerciale al mare aveva prodotto da quelle parti, in contrasto con la canuta rettitudine e l'intransigenza etica del vecchio lupo di mare (Rajah Laut) di quel capitano Lingard cui la trilogia è dedicata. Completamente estraneo al testo è invece il velato riferimento all'ascendente sensuale che il nuovo arrivato esercita sulla moglie dell'inebetito Almayer, mentre resta al limite dell'inesplicato il finale di ripudio e dannazione di un reietto costretto a condividere il resto dei suoi giorni con la fiera figlia dell'antico nemico che, per ragioni di casting (benchè parlasse tre lingue, la bellissima attrice de La Lupa di Lattuada, non aveva fino ad allora esperienze di recitazione) non spiccica mai una sola parola.
Candidato ai BAFTA Awards 1953 come miglior film in lingua inglese e come miglior film internazionale, categorie che hanno visto trionfare quell'anno Ali del futuro dell'altro grande autore britannico David Lean. Sullo stesso soggetto, uno sceneggiato televisivo RAI di Giorgio Moser  andato in onda sulla prima rete in tre puntate dal 31 ottobre al 7 novembre 1980.

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