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Una donna promettente

Regia di Emerald Fennell vedi scheda film

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Gangs 87

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La recensione su Una donna promettente

di Gangs 87
7 stelle

Disturbante. Il primo aggettivo che mi viene in mente pensando alla pellicola di Emerald Fennell è disturbante che, a dispetto di quello che può sembrare, lo ritengo un giudizio piuttosto positivo. Mi spiego meglio. Trovandomi in quella insana bolgia artistica generata dall’esigenza di crescita esponenziale, quando finisco per vedere un film capace di generare in me un qualche turbamento, lo definisco valido, degno di essere guardato.

 

La storia di Cassie è quella di una donna promettente, brillante studentessa di medicina, che ha davanti a se un futuro roseo; sarà per questo che la casa dei genitori, dove la donna vive, è arredata e contornata da un rosa onnipresente e vomitevole, come a volerci dire che lì, in quell’antro della paura, ogni aspettative è rimasta immutata come sospesa in un tempo che invece ormai si è dissolto perché Cassie, a seguito di una grave perdita, quella della sua migliore amica Nina, suicidatasi dopo aver subito una violenza di gruppo nel loro college, ha racchiuso tutti i sogni in una bolla a cui poi ha deciso di darle fuoco, definitivamente, votando la sua causa e le sue immense capacità alla vendetta.

 

Il lavoro di regia di Emerald Fennell è ricercato e stridente. Divide il racconto, sua anche la sceneggiatura per la quale si è aggiudicata il premio Oscar, in due binari:

 

1) le aspettative dei genitori che esprimono il rimpianto, in ogni gesto e in ogni sguardo che rivolgono alla figlia “fallita”, con quella compassionevole approvazione che riservano ad ogni, seppur minima, aspettativa compiuta; quando Cassie presenta Ryan ai suoi, assistiamo ad una farsa messa in piedi dalla necessità di dimostrare che è almeno capace di trovarsi un uomo, qualcuno che la voglia, nonostante tutto;

 

2) la vita che Cassie conduce in funzione del dolore della perdita. La volontà di mettere in atto una vendetta crudele, razionale e macabra. Ispirandosi involontariamente (?) a Kill Bill di Tarantino la  Fennell divide la rivalsa in capitoli, uno per ogni componente del gruppo che abusò dell’adorata Nina, ed ogni episodio è un fortissimo crampo allo stomaco.

 

Due binari che partono dalla stessa stazione ma che hanno destinazioni diametralmente opposte ed incongruenti tra loro. Il primo che in realtà si ferma nel mezzo del niente, il secondo che finisce in un baratro oscuro e profondo.

 

Il tragico epilogo dell’esistenza di Cassie è il dolore maggiore. Una delle visioni più difficili a cui ho potuto assistere. La meticolosità con cui la regista descrive ciò che accade è lacerante, la bravura con cui Carey Mulligan si presta alla sua rappresentazione, straziante. Gran parte della buona riuscita dell’esordio alla regia di Emerald Fennell è merito dell’aver affidato l’interpretazione del personaggio di Cassie alla Mulligan, in quella che sembra essere, ad oggi, la miglior performance della sua carriera, capace di lasciarsi possedere dall’anima della protagonista che vige in lei per tutto il tempo; anche nelle rare volte in cui non la vediamo in scena Cassie c’è, è un fantasma onnipresente il cui sguardo disperso nella vacuità dell’esistenza ti resterà impresso per molto tempo.

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