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Tenet

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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La recensione su Tenet

di Antisistema
8 stelle

Il tempo è passato, Tenet di Christopher Nolan (2020) è uscito da un pò in edizione Home Video, così se ne può parlare tranquillamente senza la grancassa mediatica del popolino che attende al varco il regista ad ogni suo film, per esaltarlo o molto spesso distruggerlo, dato che a distanza di oltre 10 anni dal leggendario Cavaliere Oscuro (2008), c'è una frangia molto nutrita di spettatori passa al setaccio frame per frame ogni pellicola del cineasta per dissertare su veri (o molto spesso presunti) buchi di sceneggiatura, senza che in tutto questo tra fan che difendono tutto e detrattori distruttivi, vi sia un'effettiva analisi del punto di vista contenutistico-tematico delle sue varie opere. 

In mezzo a tale scontro per un regista percepito come divisivo, quando in realtà non ha niente di polarizzante, il sottoscritto anche se non gli garberebbe molto parlare di Tenet, è costretto a farlo ergendosi allo status di Dio di un'umanità cinematografica (e non) per lo più mediocre, dovendo difendere un qualcosa che in realtà non dovrebbe neanche essere difeso, anche se è scusabile una certa repulsione verso un'opera che pur essendo un blockbuster in realtà se ne infischia di tutte le regole positive o negative di tali prodotti, per farsi meccanismo su cui Nolan inserisce un plot e non viceversa; come se fosse egli stesso quel demiurgo che muove personaggi volutamente "spersonalizzati", come se fossero pedine al servizio di un meccanismo che è sì il cinema, ma in realtà è l'ossessione primaria che muove il regista sin dal suo lontano esordio con Following (1997); il tempo, divinità laica che si fa pellicola e messa in scena, unico vero personaggio dell'opera intorno al cui conetto tutti ruotano.  
Il divino in Nolan non ha nulla a che fare quindi con un'entità individuale sulla scia del Thanos di Avengers Infinity War dei fratelli Russo (2018), per via di superifciali analogie come indicato dal mediocre critico Francesco Alò; in Tenet il tempo si muove in una prospettiva si fattuale quanto trascendentale poichè il suo scorrimento è un dato di fatto, ma al tempo stesso anche immanente, poichè all'essere umano pur nella sua miseria, Nolan concede un residuo di libero arbitrio, visto che anche nell'inversione del rapporto causa effetto, l'azione umana ha un suo non trascurabile peso. Il regista inglese quindi si inserisce in un dibattito sul libero arbitrio vecchio come il mondo, che in presenza di un'entità superiore astratta come il tempo, chi controlla esso annulla teoricamente ogni spazio dell'agire umano, ma siccome siamo innanzi ad una pellicola, il discorso nolaniano ha anche una chiara valenza metacinematografica come nell''Hitchcock del Delitto Perfetto (1954), dove il rapporto tra uomo e scrittura (propria creazione) era impossibile da trasportare in una realtà pianificata che il personaggio di Ray Milland pensava illusoriamente di controllare finendo per questo in uno scacco, poiché un calcolo razionale per quanto efficace, non potrà mai prevedere con precisione l'agire di ogni singolo individuo, su questo assunto il Protagonista (di nome e di fatto), interpretato da John David Washington, si muove nel residuo spazio operativo, divenendo contraltare metafisico e al tempo stesso umano di tale entità astratta, che il futuro si arroga il diritto di subordinare ai propri scopi.

Coerente con il palindromo della parola Tenet, la pellicola mette in scena un intreccio circolare tramite una guerra temporale dichiarata dal futuro contro il passato e viceversa, depurando la pellicola dagli spiegoni tanto criticati in passato dai detrattori, giocando molto (forse troppo) di ellissi narrative, per plasmare questo scontro che vede il passato in una condizione di netta inferiorità per via di un sentiero già tracciato, tanto che viene naturale chiedersi che senso ha la lotta per la sopravvivenza, in una battaglia già persa in partenza visto che il destino è già scritto?

 

Robert Pattinson, John David Washington

Tenet (2020): Robert Pattinson, John David Washington


La risposta a tale quesito risiede nella visione che si ha dell'essere umano che secondo la tesi di Nolan non può che essere soggetta al punto di vista temporale da cui si vede; per l'umanità futura siamo una specie non tendente all'errore ma addirittura "traditrice" del pianeta su cui vive, mentre per l'umanità del passato che poi è il presente in cui si svolge l'atto di guerra, invece vuole sopravvivere mirando a correggere la propria fallibilità nello spazio di agire umano concessagli da un destino che sembra già tracciato; l'oligarca russo Sator (Kenneth Branagh) che è stato scelto dal futuro come proprio agente nel passato, coerentemente con la loro visione, non concepisce l'errore (in quanto tale scusabile se in buona fede e comunque rimediabile), ma solo il tradimento, in quanto tale una specie del genere deve implodere in un crepuscolo degli Dei da cui dal suo punto di vista potrà esserci finalmente una rinascita. 
Il Sator del monumentale Kenneth Branagh, è l'alfa e l'omega della pellicola, il baricentro necessario per dare uno spiraglio umano ad una pellicola che altrimenti vivrebbe solo di pedine metafisiche in movimento, un uomo che unisce gli impulsi suicidi della moglie di Cobb in Inception (2010), con il nichilismo estremo del Joker del Cavaliere Oscuro (2008), ma anche echi del Bane del Cavaliere Oscuro - Il Ritorno (2012), tramite le sue misteriosi origini infernali, a cui basta uno sguardo del suo interprete per annullare qualsiasi differenza di altezza con la sua amata-odiata moglie Katherine  interpretata da Elizabeth Debicki, che come il resto del cast fanno un pò la figura dei fessacchiotti innanzi ad un attore che dopo anni di pellicole mediocri o indegne del talento, con Nolan trova una nuova giovinezza artistica, affrancandosi finalmente dalla regalità innata propria del solo Laurence Olivier a cui si è sempre ispirato, per farsi invece tragico titano del dolore, in cui coesiste un linguaggio basso (il discorso sulle palle in gola), con riflessioni nichilistiche sull'essere umano, cercando una propria identità in un'esistenza che sembra averlo condannato ad essere sposato ad una moglie che non lo ama, illudendosi di tenerla a forza legata sé tramite ricatto, ma destinato come ogni antagonista Hitchcockiano a venir tradito dalla controparte femminile.

In questo gioco di legami tra il Protagonista e Sator verso Katherine, costei verso il figlio Max e Neil (Robert Pattinson) nei confronti del Protagonista, per la sopravvivenza futuro e passato si annientano tra loro, sulla base delle proprie credenze personali magari anche non suffragate dai fatti della fisica, la disperazione di vivere porta a giocare d'azzardo o meglio ancora; d'istinto come viene sin da subito suggerito di fare al nostro protagonista e al tempo stesso una dichiarazione d'intenti allo spettatore da parte di un Nolan che sceglie di farlo nel suo meccanismo ad incastro-non lineare più arzigogolato e complicato della carriera, un modo anche per invitare a chi visiona il film a non interessarsi tanto al labirintico puzzle impazzito, ma a godersi lo spettacolo e riflettere sulla sovrastruttura tematica dell'opera, ciò che poi stava più a cuore al regista probabilmente, tanto da sentire il bisogno di dichiararlo scopertamente, ma questo non sembra importare agli amanti di cinema dove oramai le uniche discussioni che contano, vertono sui buchi di sceneggiatura o se l'effetto speciale è bello o brutto, lasciandosi sfuggire innanzi agli occhi l'ennesima opera originale del regista capace di portare in modo innovativo il concetto di viaggio nel tempo, in modo straniante giocando sull'entropia degli oggetti e della visione alterata di chi lo vive rispetto alle persone e ciò che lo circonda, toccando l'apice da metà del terzo atto dove la complessità tecnica nel concepire l'azione con tali regole, porta nella missione finale ad uno spettacolo audiovisivo tramite un riuscito montaggio alternato di rara potenza giocando su due piani di grandezza opposti; indubbiamente un film sovrabbondante per via delle numerose idee vulcaniche di Nolan, che non sempre risultano ben disciplinate da una scrittura narrativa all'altezza, colpa forse anche di un montaggio che concede poco respiro, nonostante le molte location in giro per il mondo, però indubbiamente Tenet risulta essere una pellicola affascinante intrisa di umanismo, una sorta di variazione Nolaniana sci-fi metafisica di un episodio di 007, da vedersi sicuramente più volte (3 visioni in 4 giorni per il sottoscritto), magari al cinema, dove amaramente mancai l'appuntamento causa Covid19.

 

Kenneth Branagh

Tenet (2020): Kenneth Branagh

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