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Regia di Kook-Hee Choi vedi scheda film

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di lamettrie
8 stelle

Un ottimo film sulle crisi economiche. I cui responsabili sono gli stessi grandi privati, che poi sono gli unici che grazie ad esse si arricchiscono, impoverendo le vittime, che invece sono i privati non ricchi, la stragrande maggioranza.

Didascalico quel tanto che basta a far capire i rudimenti delle crisi economiche anche a chi prima non ne capiva nulla, non è eccessivamente tecnico, assolutamente.

Molto orientale, e perciò molto impostato, è altresì assai autentico sotto il profilo umano: la disperazione per la crisi economica, condita di suicidi e altre vicende altamente toccanti, è perfettamente coniugata con la giusta e indispensabile indignazione verso i responsabili di questa macelleria sociale.

È quasi un documentario: spiega bene l’andamento della terrificante crisi che distrusse l’economia e la vita di tanti coreani nel ’97, e che fra l’altro devastò anche altre parti dell’Asia. La sceneggiatura miscela bene vari piani della vita quotidiana: quelli più alti, delle decisioni ai vertici, come quelli più bassi, degli speculatori e del piccolo imprenditorie o dipendente che ha avuto l’esistenza rovinata.

Splendida, e quanto mai veritiera, è la denuncia contro il Fondo Monetario internazionale e gli Stati Uniti, responsabili di gravi catastrofi sociali quando si sono imposti (del tutto falsamente) come unica ancora di salvezza possibile per i dissesti economici di cui loro stessi, subdolamente, sono stati gli unici a creare le precise e vere condizioni. L’austerità, la distruzione delle politiche sociali, il progressivo smantellamento dei diritti umani, la svendita a privati stranieri che si sfregano le mani, i licenziamenti selvaggi e ingiustificati: tutta barbarie economica che è farina del sacco del capitalismo, che da 45 anni impera come non mai, quasi senza opposizioni. E la reale impossibilità di opporvisi è qui resa splendidamente nella figura della giovane, alta funzionaria della Banca della Corea del Sud, anche nel totale silenzio che la stampa le ha riservato quando lei ha svelato notizie che invece erano epocali: quando cioè ha dettato la verità sulla svendita e la rovina della sua nazione, tutti i giornali erano presenti, ma nessuno ha pubblicato alcunché (ottimo, e realistico, esempio del quasi totale controllo che il capitalismo fa anche dei mezzi di informazione, obbligandoli alla disonestà intellettuale).

Splendido è l’affresco della corruzione di politici che svendono il proprio paese alle istituzioni internazionali: ai tempi del nazismo, e non solo, li chiamavano collaborazionisti. Oggi non cambia granché, se non gli enti: Fondo Monetario internazionale, Banca Mondiale, Banca centrale europea... Ma la sostanza è la stessa: il depredamento che pochi ricchissimi fanno dei beni delle moltitudini, lasciate marcire per colpa altrui nella miseria. Ma anche per loro stessa colpa: quando politicamente, tramite il loro voto, non hanno vigilato per evitare che i grandi criminali economici prendessero ogni potere, per il tramite dei loro servi politici ben pagati, anche per il  mezzo di una informazione prostituita e menzognera. Questo resta forse l’aspetto più importante della storia contemporanea. Non poco: e questo film del 2018 lo delucida bene, anche perché richiama pure la crisi del 2008, e ciò che è avvenuto sino ai nostri giorni.

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