Espandi menu
cerca
Muriel, il tempo di un ritorno

Regia di Alain Resnais vedi scheda film

Recensioni

L'autore

spopola

spopola

Iscritto dal 20 settembre 2004 Vai al suo profilo
  • Seguaci 507
  • Post 97
  • Recensioni 1197
  • Playlist 179
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Muriel, il tempo di un ritorno

di spopola
6 stelle

Indubbiamente è uno dei film più “lambiccati” del regista: qui la registrazione realistica dei gesti e degli oggetti, è esasperata da un montaggio ellittico talmente elaborato da diventare astratto che ci fa smarrire un poco a seguire i tormentati ricordi del protagonista diluiti dentro le banali convenzionalità della vita di tutti i giorni.

Muriel, primo film “a colori” di Resnais, è sicuramente un ulteriore importante tassello che si inserisce nella alla “tematica” della memoria e del “ricordo” (l’importanza di “ricordare” soprattutto) così prioritaria nella prima fase operativa del regista, che poi, soprattutto nei tempi più maturi” che travalicano nella vecchiaia, diventerà un “eccelso” minimalista, ma fortunatamente senza perdere nulla (o pochissimo) del suo smalto creativo originario, pur se nella nuova dimensione quasi da “commediante” (magari suscitando qualche rimpianto in “nostalgici” cone me, per l’abbandono di argomenti e situazioni più universalizzabili e un tantino meno accademiche delle derivazioni teatrali degli ultimi anni). Cronologicamente, viene subito dopo “Marienbad” con cui condivide la straordinaria interprete femminile (Delphine Seyring), ma non il successo (nonostante che a Venezia si fosse aggiudicato sia il premio speciale della critica che quello per la migliore interpretazione femminile). Distribuito poco e male, trova adesso una nuova “giovinezza” grazie all’ottima edizione in Dvd della Ripley’s facilmente reperibile nei negozi del settore. Anche qui, l’approccio ha valenze fortemente letterarie (il soggetto originale è di Jean Cayrol), una contaminazione fra “privato” e “storia” (non più i terribili ricordi della seconda guerra Mondiale come in” Nuit et brouillard” e “Hiroshima”, ma quelli più ancorati alla contemporaneità di quegli anni, come la guerra d’Algeria che aveva ancora tracce profonde di ferite aperte e sanguinanti nella coscienza della Francia e dei francesi). Indubbiamente uno dei film più “lambiccati” del regista, è anche quello che meno regge agli urti del passaggio del tempo: qui la registrazione realistica dei gesti (le insignificanti azioni quotidiane dei protagonisti) e degli oggetti, è esasperata (quasi stravolta) da un montaggio ellittico, così elaborato, da diventare (risultare) astratto, così che a volte ci si smarrisce un poco (ma non nella maniera esaltante di Marienbad) a seguire i tormentati ricordi del protagonista (le torture mortali inflitte a una giovane donna, Muriel, appunto, laggiù nella colonia africana in rivolta) che si diluiscono dentro la registrazione delle banali convenzionalità della vita di tutti i giorni. Bernard (è appunto di lui che si narra), il giovane reduce “ossessionato” da quel “personale” ricordo, una volta rientrato in patria, è tornato a vivere in un paese dell’estremo Nord della Francia a casa della matrigna (Hélène). Quest’ultima, intenzionata a rivedere il suo vecchio amante, deciderà di scrivergli per invitarlo a soggiornare da lei per alcune settimane. L’uomo accetterà di buon grado l’invito, ma arriverà a destinazione accompagnato della sua nuova giovane amante (spacciata però come nipote). Al quartetto si aggiungeranno nei giorni successivi altri personaggi (alcuni fortemente stralunati) di secondaria importanza. Calati in un comune contesto di provincia, i protagonisti ricercheranno proprio nel passato una ragione per dare un possibile senso al “vuoto” del presente. Il ricordo diventerà allora il veicolo ideale per ritrovare la propria identità e restituire, al tempo stesso, una nuova, necessaria dimensione all’esistenza. Raccontato così, potrebbe sembrare particolarmente semplice l’approccio, ma il trattamento lo rende opaco e un fortemente ostico, e in questo tracciato un tantino oscuro perde di intensità anche il resoconto “centrale” (il monologo) con il quale Bernard ricorderà (e rivivrà) le fasi terribili della tortura a cui fu sottoposta la ragazza. Potremmo dire allora che se le intenzioni erano certamente di ottimo livello, in questa circostanza (almeno oggi le cose appaiono così) il risultato non è stato conforme (adeguato) alle necessità rappresentative del dramma che intendeva narrare. L’edizione in Dvd (preziosa” per rivisitare anche criticamente l’opera), è corredata da una scheda di Paolo Bertetto e da una introduzione alla versione italiana del soggetto originale, dello stesso Cayrol, oltre che da due cortometraggi diretti da Resnais fra il 1956 e il 1958 che colmano una evidente lacuna: “Toute le mémoire du monde”, un’incursione sentimentale che esplora la complessa struttura architettonica della Biblioteca Nazionale di Parigi, e “Le chant du Styrène, descrizione a ritroso del processo di produzione di un materiale plastico.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati