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Gli ultimi fuorilegge

Regia di Ivan Kavanagh vedi scheda film

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La recensione su Gli ultimi fuorilegge

di alan smithee
4 stelle

Ai tempi della mitica, ma soprattutto drammatica e selvaggia "conquista del West", una onesta famiglia composta da un giovane pacifico falegname irlandese, per la circostanza improvvisatosi titolare dell'impresa di pompe funebri locale, la sua giovane moglie di origine francese, e i suoi due bambini ancora piccoli, si ritrovano immischiati in una vera e propria guerra di quartiere quando, nella cittadina di coloni devoti guidata da un pastore bigotto e quasi fanatico, subentra un cacciatore di taglie spietato, in realtà ben più delinquente della maggior parte dei titolari delle taglie che arricchiscono il furfante e la sua banda.

Da quella lotta senza quartiere tra i cittadini onesti e i killers, grazie ai quali riprenderà fiorente l'attività di un bordello precedentemente chiusa dalle rigide regole di vita imposte dal pastore, il nostro mansueto artigiano troverà una lauta fronte di guadagno, rappresentata dalle bare che sarà indotto a costruire a seguito di tutti i morti che i nuovi dominatori semineranno nel luogo.

Ma troverà anche la forza estrema di opporsi a tale sudditanza, soprattutto quando si renderà conto che la sua famiglia si trova in grave e costante pericolo di incolumità. 

Il regista irlandese Ivan Kavanagh, ad alcuni noto in Italia per il discreto horror The Canal, presentato nella sezione After Hours al 32° TFF, passa ora al western cupo che si incastona, coerentemente, col genere tetro del primo film, approcciando le tese vicissitudini che regolavano il clima di sopravvivenza dei dei coloni nelle nuove terre inesplorate dell'Ovest, rendendo per ognuno la propria esistenza come un'incognita aggrappata ad un filo esile e facile a rompersi.

La legge del west, ovvero quella del più forte, del più scaltro, del più biecamente disonesto, qui nel film viene impersonificata con una certa coerenza, ma non senza un forte rischio caricatura, dalla figura del bounty killer Dutch Albert, il cui ruolo è affidato ad un satanico e quasi rock - ma col viso imbolsito da sembrare una buffa bambola di pezza - John Cusack.

Costui tuttavia finisce, a quel livello sovraeccitato e senza controllo, per oltrepassare ogni verosimiglianza e compromettere la serietà di un personaggio cardine come il suo, risultando, più che altro, sopra le righe e macchiettistico più di quanto anche un collega solitamente e frequentemente fuori controllo come Nicolas Cage lascerebbe ipotizzare, qualora coinvolto in una simil congettura.

Più verosimili, ma anche scolorite, le altre figure protagoniste, a partire dal solamente volenteroso Emile Hirsch: ruoli tutti,che finiscono per ridurre il western sulla carta magari anche ambizioso, come un piccolo compito eseguito con accuratezza, ma non certo un'opera degna di tener alto un genere glorioso come il western.   

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