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Coma profondo

Regia di Michael Crichton vedi scheda film

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La recensione su Coma profondo

di casomai
8 stelle

In una clinica di Boston che, malgrado la moria di pazienti, continua inspiegabilmente a essere considerata un centro di eccellenza, si moltiplicano i casi di coma profondo in seguito a operazioni banali. I più minimizzano o non se ne curano, ma una giovane dottoressa (Geneviève Bujold) vuole saperne di più. Michael Crichton sceneggia un romanzo di Robin Cook e dà vita a un film dagli ambienti e dalle atmosfere claustrofobiche. Lunghi e stretti corridoi, intercapedini e controsoffitti dove non è agevole rannicchiarsi, scale addossate a abissali pareti interne, si susseguono offrendo via via angusti ripari contro assassini prezzolati o percorsi da esplorare nel buio e nel silenzio alla ricerca della verità. L'ignoto è lo scivolamento verso l'incoscienza che segue all'anestesia, ma, più in generale, è ciò che si cela dietro l'asetticità delle sale ospedaliere, le rassicuranti certezze di medici e tecnici, le manovre politiche e tattiche che contrastano con il giuramento di Ippocrate. L'angustia degli spazi si accompagna a effetti cromatici (il bianco abbagliante degli abiti e quello spettrale dei locali ospedalieri, i riflessi verde opale sul volto terrorizzato della Bujold) e sonori di prammatica. Crichton, senza essere un grande regista, mostra di essere a suo agio con gli ingredienti della tensione cinematografica e di aver studiato gli antichi maestri. La lezione di Hitchcock, in particolare, più che nella gestione della suspense, è nel trattamento della doppia agnizione finale: quella positiva dell'amico (Michael Douglas) che, grazie a una provvidenziale epifania, si convince della ragionevolezza del protagonista (vedi Michael Redgrave in La signora scompare o Madeleine Carroll ne Il club dei 39) e, specularmente, il riconoscimento del nemico da parte del protagonista (la scena-madre di Coma profondo offre interessanti parallelismi con quella finale tra Ingrid Bergman e Leo G. Carroll in Io ti salverò). In tutto ciò, strumento privilegiato del regista resta l'indubbia capacità attoriale della Bujold, i cui numerosi primi piani rispecchiano altalenanti stati d'animo, contribuendo alla plausibilità di una storia che, a ben vedere, non di rado sfida la logica.

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