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Il carillon

Regia di John Real vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il carillon

di undying
5 stelle

Un concentrato di luoghi comuni per questo horror italiano, dal respiro internazionale. I buoni propositi si scontrano con un budget modesto e una sceneggiatura poco ispirata. Interpreti (anche americani) decisamente sopra la media per un dimenticabile prodotto destinato all'home video.

 

locandina

Il carillon (2018): locandina

 

Annabelle (Rachel Daigh), tutrice della nipote Sophie (Cearl Pepper) dopo che quest'ultima è rimasta orfana, si trasferisce nella casa abitata, in precedenza, da un'eccentrica signora, fervente lettrice di libri dell'occulto nonché sensitiva molto ricercata. Alcuni giorni dopo Sophie rinviene, sepolta nel terreno circostante, una scatola di legno contenente un carillon. Da quel preciso momento le cose iniziano a cambiare: Sophie, in cura da uno psicologo perché da tempo chiusa in un mutismo conseguente allo shock della perdita dei genitori, inizia a "dialogare" con Lania, un'amica immaginaria, e attribuire a lei rumori e fenomeni insoliti che si manifestano nella casa. Grazie all'attività di restauratrice di libri, Annabelle entra in possesso di un antico testo, Theory of possessed object, sul quale scopre un simbolo che appare inciso anche nel contenitore del carillon. Il passaggio successivo -su consiglio di una bibliotecaria- consiste nel consultare l'esperta di spiritismo, Nills (Fiona Whitelaw), per tentare di individuare un rimedio al potere suggestivo (e possessivo) del carillon maledetto.

 

Rachel Daigh

Il carillon (2018): Rachel Daigh

 

"Qualche volta, può capitare che alcune anime tormentate si legano ad un oggetto terreno e non se ne riescono a distaccare. Così come esistono luoghi infestati, così vi sono oggetti infestati. Più tempo passa con l'oggetto e più il portatore vi si lega, fino a che non potrà più farne a meno. L'anima tormentata influenzerà il carattere del portatore dell'oggetto e ne assorbirà la sua energia positiva e negativa (...) Un oggetto posseduto può essere una fortuna se il fantasma che vi si è legato ha vissuto una grande gioia, oppure può portare miseria se quell'oggetto è legato a ricordi drammatici e tristi." (Nills, la sensitiva)

 

Rachel Daigh

Il carillon (2018): Rachel Daigh

 

I guai, come ben sa ogni conoscitore del cinema horror, iniziano sempre dopo un trasferimento. Entrare in una casa nuova è sempre un salto nel buio. Tanto più se chi lo intraprende ha già grossi problemi. E i protagonisti di Il carillon non ne hanno mica pochi, di problemi. Lei, Annabelle, è una signora di mezza età single, con a carico la responsabilità della piccola Sophie, nipote rimasta orfana poco dopo essere nata. A peggiorare le cose, poi ci sono i fatti. La precedente inquilina, la signora White, si dilettava in spiritismo e, proprio nel compimento di un rito scaramantico, in giardino ha seppellito un box, contenente un carillon appartenuto ad un sventurata bambina. Come ne La casa 3 del buon Umberto Lenzi, l'oggetto (lì un pupazzo inquietante, qui un carillon) -influenzato da spiriti dei morti- si impossessa della bambina. E citiamo Lenzi non casualmente, perché nel seguito apocrifo della Filmirage appare accreditato come Humphrey Humbert. Dietro a Il carillon invece sta John Real, nome anglicizzato dell'italianissimo (catanese) Giovanni Marzagalli. Proprio come ai bei tempi degli Anni '70, nonostante il nome americano del regista, scopriamo che in realtà la produzione del film è tutta italiana e che la famiglia Marzagalli si è riunita in gruppo, chi a produrre (patrocinato da Cecchi Gori), chi a sceneggiare e chi, invece, a dirigere. Ma le buone intenzioni -che pure non mancano- spesso si scontrano con la realtà, che ha qui le scarse ristrettezze economiche di un budget davvero improvvisato (poco più di 400 mila euro). Certo, il taglio complessivo è quello di un prodotto americano e una volta tanto, il doppiaggio sopperisce allo spesso scarso risultato, altrove, del suono in presa diretta. Ma il problema è che, dal cinema americano horror più mediocre, arriva l'ispirazione. E così, tra infiniti dialoghi approssimativi, accumulo di sciocchezze parapsicologiche e spiritiche e assenza di effetti speciali, Il carillon si trascina fiaccamente per ottanta minuti in un percorso prevedibile, scontato, pateticamente riciclato da decine di titoli di maggior successo. E, più tardi che mai, ci ripropone il solito cliché dello spirito femminile orientale, che si manifesta all'improvviso -così come poi scompare- avendo finalità (qui non compiuta purtroppo) di fare paura. Uscito, dopo il successo riscontrato nella distribuzione vietnamita, anche in poche sale italiane nel primo week end di marzo 2019, finisce direttamente per puntare al mercato home video, forte dei sui tre riconoscimenti ottenuti. Nonostante il modesto risultato, fa sempre piacere che qualche regista italiano tenti di tenere alta la nostra bandiera, quindi non possiamo che accogliere piacevolmente l'idea che i Marzagalli (alias Real) già siano all'opera -con un budget triplicato-  sul thriller Obsessed: the split.

 

Cearl Pepper

Il carillon (2018): Cearl Pepper

 

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