Regia di Renato De Maria vedi scheda film
L’ironia di fondo, che spesso rappresenta le opere di Renato De Maria, qui è l’elemento cardine attorno al quale si raccontano le vicende di Santo Russo, figlio di un ex componente della 'ndrangheta trasferitosi a Milano per allontanare se stesso e la famiglia da un destino certo e non felice, giovane ribelle che disobbedendo alle rigide imposizioni del padre, finisce per prendere proprio la strada che il genitore aveva cercato di fargli evitare in tutti i modi.
Ad interpretarlo è un convincente, considerando che non deve esserlo poi troppo, se teniamo conto dell’ironia di cui sopra, Riccardo Scamarcio, che dopo decine di film da comprimario, finalmente(?) sembra essere riuscito ad accaparrarsi qualche ruolo da protagonista, in svariati film in uscita al cinema in questo periodo. Nel ruolo del ragazzo del sud espatriato al nord, fortemente intenzionato a sradicare dal suo essere le sue origini, sembra starci a suo agio, non fosse per quello sguardo sempre corrucciato che perennemente si fa spazio, anche quando non dovrebbe, impedendoci di capire fino in fondo il personaggio che abbiamo di fronte.
Nel suo insieme, la pellicola di De Maria, distribuita in sala per pochi giorni e poi approdata su Netflix, è una miscellanea di generi niente male. Si parte dal dramma per finire nella commedia, passando dal noir che finisce per ridisegnare le prospettive di ciò che guardiamo, fino a farci approdare, comunque, sempre, nell’Italia del nord degli anni ’80, quando l’arrivismo sociale era la base di ogni esistenza.
Grazie all’utilizzo di una sceneggiatura ben costruita, senza vuoti narrativi e con il giusto utilizzo di dialoghi, aiutata da un montaggio serrato, De Maria si conquista la benevolenza dello spettatore, deliziato da una piacevole visione, garantita anche dalle (diciamocelo) non troppo esose aspettative sulla buona riuscita dell’opera e su cui invece abbiamo dovuto, almeno in parte, ricrederci.
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