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Una domenica in campagna

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su Una domenica in campagna

di articolotre
9 stelle

. . . . . Addio caro Bertrand. . .

 

Addio caro Bertrand.

È morto oggi, giusto un mese prima dei suoi ottant'anni, il grande regista francese Bertrand Tavernier. Non uno di quelli che hanno fatto fuoco e fiamme, bensì uno di quelli che si scoprono magari casualmente, che subito si amano, di quelli che capiscono e - sì, mi sento di dirlo, - dai quali ci si sente capiti.

Vorrei comunicare un pensiero del tutto personale. Mi ha sempre intrigato l'affermazione "C'è un solo momento in cui puoi essere felice: ora!" Da una parte è strausata e banalizzata, tipo massima da incarto dei cioccolatini, ma a pensarci bene è bella e profonda, incontradicibile, apodittica. In che senso?

Ecco che torniamo a Bertrand Tavernier, alla sua capacità di cogliere proprio quel "ora!", di mostrarci personaggi che vivono il momento presente. Felici? A volte felici a volte no, ma sempre dentro il loro presente. A me piacciono i suoi film, in più ci colgo un richiamo a stare dentro anch'io, nel bene e nel male, al momento che di volta in volta sto vivendo. Come il sassofonista e gli altri protagonisti del suo "Round midnight" che ho recensito giusto una settimana fa o come il monsieur Ladmiral e sua figlia Irene e gli altri membri della famiglia del suo più noto "Una domenica in campagna", che mi permetto di ricordare brevemente e rispettosamente oggi.

 

Sabine Azéma

Una domenica in campagna (1984): Sabine Azéma

 

Fine estate 1912, il vecchio pittore Ladmiral, un vedovo accudito dalla fedele governante, attende nella sua grande casa con ampio giardino la visita domenicale dei parenti. Arriveranno figlio e nuora con i due maschietti e la femminuccia e più tardi, inaspettata, anche Irène la figlia single. Lei se ne andrà prima di cena, la famigliola dopo aver cenato con Ladmiral. Nessun evento, nessuna rivelazione, nessun colpo di scena.

Cosa c'è allora? C'è la nipotina che osserva il pollo girare sullo spiedo sopra il focolare, il gioco a indovinare il nome del cane di Irène, la rassicurante convenzionalità dei rapporti, il gioco dei ruoli dai quali ci si affretta ad uscire se accennano a irrigidirsi, la figlia con problemi sentimentali che beve e fuma in cucina con la silenziosa solidarietà della governante, e il "io la mia vita ho deciso di viverla come l'ho sognata" di Iréne, e il "perché ti ostini a chiudere gli scuri prima che faccia notte" di Ladmiral alla governante. E poi molto molto altro ancora, compreso Ladmiral che rincasa dalla stazione stanco e pensoso, mentre si fa notte e i colori illividiscono.. ed ecco che il mio pensiero va alla mattina dopo quando aprirà le imposte e lascerà che la luce del sole squarci il buio irrompendo nella stanza, proprio come abbiamo visto nella scena d'apertura del film.

 

 

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