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Il diritto di opporsi

Regia di Destin Daniel Cretton vedi scheda film

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La recensione su Il diritto di opporsi

di alan smithee
5 stelle

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Dopo un brillante percorso di laurea ad Harvard, il giovane avvocato di colore Bryan Stevenson (Michael B. Jordan) rinuncia a ghiotte offerte ben remunerate da parte di celebri studi professionali, per dedicarsi all'attività di avvocato dei condannati alla pena capitale dichiaratisi innocenti.

Un avvocato delle cause perse, verrebbe da pensare, ma il tenace ragazzo, con la preziosa collaborazione dell'attivista tenace ed appassionata Eva Ansley (Brie Larson), riesce a concentrarsi sul calvario personale a cui è destinata la vita del mite Walter McMillian (Jamie Foxx), uomo di mezza età finito in carcere con la pesante accusa di essere stato l'artefice dell'omicidio di una ragazza bianca 18enne.

Il giovane avvocato scoprirà che l'unica accusa portata avanti per incastrare l'uomo e trovare un colpevole a tutti i costi per risolvere un caso scomodo, è la testimonianza di un piccolo criminale che entra ed esce di prigione (un Tim Blake Nelson strepitoso, il migliore di tutto il buon cast), e proverà a smontare l'accusa, trovando un muro impenetrabile anche quando la ragione più palese indirizzerebbe a riaprire il caso e ribaltare la sentenza definitiva che da anni pende sull'uomo.  

Al suo quarto film da regista, il bravo Destin Daniel Cretton dell'esemplare Short Term 12, da sempre sensibile e appassionato testimone e sostenitore di storie ad ampio spettro civico-umanitario, cede e si affloscia stavolta un po' troppo emotivamente a scapito di una altrove più lineare lucidità di narrazione, per dedicarsi con sin troppo afflato dimostrativo e retorico ad una vicenda che peraltro attinge da fatti veri ed ampiamente documentati, ma che si sviscera e dipana mettendosi al servizio di una puntualità emozionale che non lesina retorica e personaggi monocromatici in bontà e/o cattiveria.

Dando luogo a situazioni epidermicamente dirompenti, ma anche molto ricattatorie, utilizzate sin troppo scientemente e smaccatamente per accendere nello spettatore quel sentimento di indignazione emotiva che produce accondiscendenza e soddisfazione, allontanando ogni capacità di critica o necessità di districarsi, come appare naturale in ogni aspetto della vita, tra sfaccettature positive e negative, nell'ambito di una medesima personalità con cui ci si rapporta.

In questo senso, ben venga la lucidità di sguardo che invece molto più pertinentemente evidenziava una pellicola che sembra uscita qualche anno fa, ma che compie in realtà già 25 anni; intendiamo riferirci al parimenti emozionante Dead Man Walking, di Tim Robbins, impegnato pure lui nella medesima drammatica argomentazione sulla opportunità o meno di ricorrere alla pena capitale, ma ben più lucido nell'affrontare senza troppi ricatti, le proprie efficaci argomentazioni al riguardo.

 

 

 

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