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Il dolce domani

Regia di Atom Egoyan vedi scheda film

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La recensione su Il dolce domani

di Peppe Comune
8 stelle

L'avvocato Mitchell Stephens (Ian Holm) si seca in una piccola cittadina canadese dove un'incidente dell'autobus della scuola ha procurato la morte di gran parte dei bambini del paese. Il suo intento è quello di riunire tutti i genitori dei bambini coinvolti nell'incidente per imbastire una causa e chiedere un giusto risarcimento. L'avvocato si muove come un'anima in pena tra le macerie di famiglie distrutte dal dolore e si prodiga per dargli un senso, di coaugularlo in un unico sentimento di rabbia da indirizzare contro un non ben precisato colpevole dell'accaduto.

 

 

Ad Atom Egoyan non interessa affatto l'aspetto processuale della vicenda quanto scandagliare l'animo di un'intera comunità ancora immersa nella metabolizzazione di un'immane tragedia e, come suo solito, smuovere le acque torbide per far riemergere il marcio che cova sotto, insinuare il fondato sospetto che qualcosa di losco si nasconda dentro ogni apparenza proba, che ci sia sempre un secondo fine dietro ogni cosa che si compie o si dice. Immerso in un magnifico paesaggio innevato,"Il dolce domani" affronta con sofisticata delicatezza l'elaborazione del lutto per la perdita di un figlio e la commistione tra un dolore particolare e privato e un'altro generale e pubblico, tra un dolore che può essere gestito all'interno delle mura domestiche e un'altro troppo grande per non cambiare i connotati di un'intero paese. I tempi narrativi sono organizzati in modo che un prima e un dopo l'incidente si frappongono continuamente col vissuto privato dell'avvocato il cui volto solcato dalla tristezza riflette i patemi per la figlia tossicomane Zoe (Caerthan Banks), i sensi di colpa per un domani con lei irribediabilmente compromesso. La serenità spezzata della comunità si intreccia col passo dolente del piccolo avvocato che, arrivato per stringere i genitori delle vittime dell'incidente in un patto indissolubile, vi scopre una comunità percorsa da complesse ambiguità esistenziali (che ottimamente si sposano con una delle possibili interpretazioni che si possono dare alla storia del Pifferaio di Hamelin che percorre l'intero film) e dalla poca voglia di aprirsi verso l'esterno appena mitigata dalla possibilità per ognuno di ottennere un lauto indennizzo per le perdite subite. Si chiede Nicole (l'adolescente sopravvisuta all'incidente e costretta sulla sedie a rotelle, interpretata da Sarah Polley) se si capisce "che tutti noi, Dolores, io, i bambini che sono sopravvissuti, i bambini che non sono sopravvissuti, siamo cittadini di un'altra città ormai. Un luogo con delle regole tutte sue e con delle leggi tutte sue. Una città abitata da persone che vivono in un dolce domani. Dove ci sono alberi prufumati e sgorgano sorgenti vaporose, dove i fiori hanno colori inusitati e nuovi e strane sono le cose". Una comunità in cui più importante della verità in se è come ognuno è percepito dagli altri, una comunità che nelle vesti di Nicole alla fine sceglie di pensare a un domani secondo un'ordine interno ben consolidato, di cacciare via il pifferaio e tenere ben nascosti il loro dolore, i loro segreti e le loro paure.

 

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