Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Devo dirlo: la visione di "Dolor y Gloria", ventiduesimo film di Almodóvar, non era programmata. Del regista ho solo visto recentemente "Tutto su mia madre", che mi aveva già colpito per la profondità del dramma raccontato da Almodóvar, e probabilmente dovrò vedermi molto altro della sua filmografia per conoscere meglio la sua poetica registica, ma questo "Dolor y Gloria" è stata una sorpresa inaspettata. Come al solito mi ha colpito subito l'impatto che il film ha dato allo spettatore: esso narra la storia di Salvador (Antonio Banderas), regista in declino, sia mentalmente che fisicamente, che decide di raccontare frammenti della sua infanzia, accennando a quelli che sono stati i risvolti della sua vita, quale l'identità sessuale e la passione verso il cinema. Il film sorprende nell'interpretazione dei vari personaggi, in particolare quello di Banderas, un personaggio tormentato e con tanto da raccontare, da descrivere. La narrazione rende il tutto ancora più vivo, dimostrando un'immagine matura del contesto, oramai pervaso da ricordi del protagonista che si riveleranno essere pane per i suoi denti. La regia di Almodóvar, così come anche il montaggio, risultano essere maestosi e grandiosi. Maestoso perché ogni immagine riesce a trasmettere molto, poiché si ricollega ad un particolare precedentemente dettato e grandioso perché la flessibilità dei gesti, ma soprattutto delle emozioni emanato dai personaggi (quindi non solo dal protagonista) esprimono una profondità molto rara, che spesso non riusciamo a trovare. Anche il reparto sonoro non è da sottovalutare: una sorpresa davvero inaspettata era la presenza di un brano di Mina (artista che amo alla follia), alla quale il regista sembra essere affezionato.
Perciò: Almodòvar è riuscito a convincermi.
8½.
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