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Scuola elementare

Regia di Alberto Lattuada vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Scuola elementare

di cherubino
8 stelle

SCUOLA ELEMENTARE (1954) 

 

Alberto Lattuada, uno dei nostri migliori registi, sceglie come protagonisti di questo sentito "omaggio alla scuola" Riccardo Billi Mario Riva, componenti di una coppia comica di successo che sta per sciogliersi. E non sbaglia affidando loro, in questa commedia del 1954, ruoli che, se proprio non sono drammatici, di comico non hanno nulla.

Riva è il bidello Pilade che, per arrotondare, ospita nella sua casa il maestro Dante Trilli, impersonato da Billi.

Per l'intera durata del film, benchè il rapporto fra i due divenga sempre più amichevole, il bidello parla al maestro col "lei" mentre ne riceve il "tu", così, con naturalezza da parte di entrambi, senza che ciascuno dei due sembri esprimere un senso di superiorità o di inferioritã nei confronti dell'altro.

 

Il "Signor maestro" - anche se, come nel film, il suo stipendio non gli permette di abitare in un appartamentino per conto suo - era riconosciuto forse più di ogni altro come persona da rispettare. Perchè? Perchè i nostri genitori ci affidavano, con totale fiducia, alla sua esperienza, autorità e cultura, per  trasformarci in cinque anni da fanciulli in giovani uomini, compito ben più ampio rispetto all'insegnare "materie", svolto da una sola persona nel quinquennio; o, spesso, due come nel mio caso (maestra prima e poi, dalla terza, maestro): compito di "educatore", svolto quasi sempre come una missione. (1)

Dice, il maestro Trilli, parlando del suo secondo libro, che sta scrivendo: "I bambini sono una nostra invenzione. Sono uomini, piccoli ma uomini".

 

Missione che il nostro maestro comprende, alla fine del film, di non poter abbandonare, è la sua ragione di vita, quando - al momento di assumere un altro impiego assai più remunerativo per il quale sta per firmare la lettera di dimissioni, dopo aver fruito di un periodo di aspettativa - viene invitato a dire "due parole di chiusura" a scuola, alla cerimonia dei "premi al merito educativo". È un momento toccante, almeno lo è stato per me giacchè credo che Lattuada abbia ripreso una cerimonia autentica, con maestri veri premiati non solo per lunghissima attività ma per numerosi e sconosciuti episodi veri di abnegazione citati al momento della premiazione, coi loro volti modesti e fieri: commovente.

Le sue brevi parole di chiusura: "Avete visto cosa sono gli insegnanti elementari ........... Sono quel tanto di buono, di pulito, di serio, che resta nella nostra coscienza".

 

Per la verità, prima dell'ultima frase, dice anche dell'altro: " ...... Sono degli eroi, che hanno dimenticato loro stessi per ricordarsi degli altri e sacrificarsi. È pur tempo di riconoscere i loro diritti.......".

Non voglio qui soffermarmi sull'attualità o meno di questa affermazione, in tempi in cui si parla di "buona scuola" (naturalmente non solo elementare) ma certo è la chiave di volta del film. Siamo quasi alla metà degli anni cinquanta, opportunità di soluzioni economicamente migliori se ne intravvedono parecchie e anche "fortune" rapide. Ecco che non pochi, specie i più giovani, se non proprio presi dal sacro fuoco della "missione" cercano, spesso trovano, alternative fuori dal mondo della scuola. 

 

Il bidello Pilade tenta l'avventura di sfruttare un brevetto (la camicia che sta unita alla mutanda), il maestro sulle prime non si lascia coinvolgere in quanto impegnato ad aiutare la bella giovane collega Laura (Lise Bourdin) ad affrontare il concorso per l'insegnamento; poi lei, notata da un altro giovane maestro passato al giornalismo "leggero", diventa "la ragazza della settimana" in un rotocalco e le si prospettano "magnifici destini" nella neonata televisione.

E allora anche il maestro si lascia tentare, contando sulle sue capacità ("Avevi ragione tu - dice a Pilade, che ha già perso quasi tutti i suoi risparmi - dò le dimissioni e vedrai di cosa sono capace!") e decide di associarsi al bidello investendo tutto quel che possono e utilizzando la pubblicità (5.000 manifesti) anzichè il "passa parola". E inventa anche uno slogan, insomma tutto come si deve, modernamente.

Ma sono ingenui, di come va il mondo degli affari hanno solo sentito dire, non conoscendolo per nulla dall'interno: il loro, quello della scuola, è un mondo a parte.

"Ha firmato cambiali? Ha fatto una pazzia!", dice l'industriale (Alberto Rabagliati) a Pilade, spaventandolo. 

"Ma abbiamo il brevetto ....."

"Il brevetto? Basta una piccola variante e lo si copia. Ci vogliono spalle potenti."

"Di scritto non c'è niente col Maestro?" "No."

E l'affare diventa suo: centomila lire a Pilade, che continui a fare il bidello. E a Trilli un impiego, come inventore di slogan.

Dopo la cerimonia della premiazione, ancora non ha deciso, sembra. Lo si rivede a scuola, apparentemente per salutare i suoi ex alunni, c'è anche Crippa, che sembrava dover abbandonare, l'ha aiutato molto, anche procurandogli una opportunità di lavoro, invece è lì: ce l'ha fatta a riparare due materie.

E così si arriva all'ultima immagine: "Siamo in quinta, quest'anno dobbiamo fare un grande sforzo."

 

Di questo film consiglio caldamente la visione. Tutti bravi, Riccardo Billi, mai visto come protagonista, splendido: strano che la sua carriera non abbia avuto una svolta positiva dopo questa interpretazione, mentre Mario Riva raggiungeva clamorosi successi in TV, prima della tragica sfortunatissima fine.

 

 Voto: quattro stelle.

 

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(1)

Il mio caso è curioso, direi proprio raro. Dalla terza alla quinta elementare - cioè dalla fine del 1949 al 1952 - ebbi un maestro, più o meno dell'età di quello del film, che lo fu poi anche per mio fratello di sette anni più giovane e che lo era stato pure per nostro padre, trent'anni prima. Dunque, insegnava già prima dell'avvento del fascismo. Quasi un "istitutore di famiglia", che ricordo con affetto e riconoscenza.

 

 

 

 

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