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Hold the Dark

Regia di Jeremy Saulnier vedi scheda film

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La recensione su Hold the Dark

di Furetto60
7 stelle

Thriller di frontiera ,enigmatico e a tratti indecifrabile. Location di grande suggestione. Film sinistramente magnetico

"Hold the dark", quarto lungometraggio dell'americano Jeremy Saulnier, “thriller di frontiera", ma anche “Caccia all'Uomo” tra le infinite distese di neve dell'Alaska, in uno sperduto villaggio "Keelut," immerso nella natura selvaggia. Il piccolo Bailey, di appena sei anni, sta giocando nella neve con un soldatino di plastica, quando il suo sguardo incontra quello di un lupo. Nella scena successiva sua madre, Medora Stone legge una lettera indirizzata a Russell Core, alias Jeffrey Wright, naturalista in pensione, specializzato nel comportamento di quei feroci quadrupedi. La donna è persuasa che siano stati loro a rapire e uccidere suo figlio, sa di non poterlo riavere vivo, ma desidera comunque stanare e eliminare il lupo colpevole; poi conosciamo Vernon, il marito? Forse, oppure no, uomo affascinante ed enigmatico "scheggia impazzita" o “formidabile macchina da guerra”? Uccide un commilitone, per evitare lo stupro di una vittima di guerra, gesto nobile anche se troppo “definitivo”; è lo stesso che tornando anticipatamente, in quanto ferito, dal fronte, lascia dietro di sé una terribile scia di sangue, eliminando chiunque gli si pari davanti, anche innocente, dopo aver fatto visita ad un vecchio amico, che come lui non fa troppi complimenti e prima di essere abbattuto, si produce in una spettacolare e insensata sparatoria da antologia, degna di Quentin Tarantino

Il regista torna poi a bomba, a introdursi nei fitti boschi dell’Alaska, lungo sentieri tortuosi, fra personaggi non decifrabili e sottotrame arcane. Si scopre che Bailey è morto, strangolato dalla madre, che ne ha conservato il cadavere in cantina e si è eclissata subito dopo. Il corpo è ritrovato da Russel. Sgombriamo il campo da equivoci, Il film è complesso e soprattutto procede senza una logica prevedibile, attraverso un’evoluzione “jazz” degli eventi. In sostanza: un rebus senza soluzioni. Dalla sceneggiatura scritta da Macon Blair, sulla base del romanzo omonimo di William Giraldi, il regista gira un film criptico e poco fruibile, ma con  una fotografia, vertiginosamente e magneticamente suggestiva, un’atmosfera plumbea e greve, capace di generare un senso di spaesamento e di angoscia, con l’improvvisa irruzione della violenza assassina, senza apparente motivo. È una storia brutale e coriacea, sul piatto tanti temi, forse troppi: la furia omicida, la solitudine, improvvisi e plateali bagni di sangue , ambienti familiari che diventano teatri di guerra, in cui non si può mai prevedere cosa stia per accadere. Una riflessione sul “cuore di tenebre” delle persone, soprattutto se isolate in una landa, fuori dal mondo
Un'oscurità dell’animo, che mette a dura prova l’equilibrio. Il finale cupo ed enigmatico, non scioglie i nodi della trama anzi aumenta il mistero. Medora viene affrontata dal marito o per meglio dire sembrerebbe essere il fratello, ma non accade quello che tutti si aspettano. Saulnier, procede sul filo dell’ambiguità, anche nell’ esito del confronto; Russell poi viene prima graziato dai carnefici e poi risparmiato dai lupi.

Film molto ambizioso, bel rompicapo, tentativo di realizzare un’opera simbolica, in bilico tra il detto e il non detto, per dare forza al mistero, rendere intrigante un plot, che plot non è;il risultato è un lavoro cinematografico veramente strano, difficile da classificare e commentare, ma che più che ammaliare lo spettatore, rischia a volte di irritarlo. Tuttavia possiede un suo fascino sinistro, tutte le azioni che vediamo hanno un respiro epico, un'aura spirituale. Anche se, ad un certo punto, tra silenzi, dialoghi lenti ed estenuanti, sparatorie improvvise e immotivate, ci si smarrisce.

Tutti sparano e uccidono,

La location è impervia e selvaggia, mette inquietudine, una terra malinconica piena di neve e un buio che dura 20 ore al giorno. Ed è proprio quell'oscurità perenne, che probabilmente fa perdere il senno

Medora è sola, ha quel buio sempre intorno e dentro ed è così che forse decide di uccidere il figlio, come se l’ambiente, fosse un luogo dell’anima.

 La simbologia principale è l'analogia tra l'uomo e il lupo. L'uomo come un lupo, soddisfa bisogni istintivi e animali, poco o niente razionali.

I lupi che mangiano il loro cucciolo, sono metafora di come l’uomo, quando deve sopravvivere, può decidere di sacrificare un membro del gruppo, come ha fatto Medora

 

 

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