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BlacKkKlansman

Regia di Spike Lee vedi scheda film

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La recensione su BlacKkKlansman

di michemar
8 stelle

Sferzante, ridicolizzante, a tratti spietato, il film di Spike Lee fa senz’altro centro, pur se con una storia che partendo dal genere che pare un poliziesco/commedia si dipinge pian piano in thriller nel finale, senza mai di smettere di puntare il dito contro l’attuale presidente degli USA.

Rossella O’Hara – Patrice Dumas - Heather Hayer: sono i nomi di tre donne che fanno da trait d'union al filo del discorso di Spike Lee. Tre nomi che vengono direttamente da Via col vento, BlacKkKlansman, Charlottesville: due film e una città americana della Virginia. Il regista di Atlanta fa un discorso in fondo semplice: non è mai cambiato nulla nei confronti dei neri d’America e di tutto il mondo (e più che mai anche da noi in Italia). La Guerra Civile americana, detta di Secessione, scoppiò a seguito della legge sull’abolizione della schiavitù fortemente voluta da Abraham Lincoln (come abbiamo goduto nel Lincoln di Spielberg), dove finalmente gli africani importati con la violenza negli USA furono finalmente ritenuti “uomini” e non “scimmie con le labbra grosse e sporgenti” (cit. dal film) e cominciarono a godere dei diritti civili come tutti. Ma la Storia non è mai finita. Mai compiuta.

 

John David Washington

BlacKkKlansman (2018): John David Washington

 

Spike Lee ce lo dimostra e ce lo racconta ancora oggi, come i vecchi e bei tempi dei suoi primi film e inizia con le mitiche sequenze di un campo di battaglia di quella guerra. Poi e per quasi tutto l’intero film ci svela “una fott*ta storia realmente accaduta”, per certi versi sbalorditiva per altri quasi comica, da commedia da trasmettere la domenica pomeriggio in TV. Ed infine conclude con le raccapriccianti immagini di repertorio girate in una triste giornata a Charlottesville, dove da una parte sfilava il corteo “Alt-right” (Alternative Right, la destra alternativa) dei suprematisti bianchi per protestare contro l’abbattimento della statua del generale confederale Robert Edward Lee, mentre all’opposto era stato organizzato il corteo dei giovani studenti universitari di sinistra che manifestavano a favore dei diritti umani e dell’uguaglianza tra le razze. Un’auto dei primi si scagliò a tutta velocità sul corteo degli studenti ferendo decine di persone e uccidendo appunto Heather Hayer, una legale trentaduenne che era lì pacificamente. Il fatto gravissimo fu commentato in diverse maniere, come per esempio dal presidente nazionale del KKK, David Duke (nel film interpretato grottescamente dal bravo Topher Grace): “Questo è un momento di svolta, stiamo realizzando le promesse di Donald Trump; è la ragione per cui lo abbiamo votato. Ha detto che ci saremmo ripresi il paese, e noi lo stiamo facendo.” Trump credette di cavarsela, dal suo canto, dicendo genericamente: “C’era un gruppo violento contro un gruppo di persone pericolose.” Il regista affonda più volte i colpi e non risparmia le frecciate a Trump, che così diventa l’obiettivo numero uno del film, sin dall’inizio, dove utilizza la predisposizione di Alec Baldwin a scimmiottare il suprematista-tipo, diventato ormai l’imitatore più celebre del tycoon nelle serate della televisione americana.

 

scena

BlacKkKlansman (2018): scena

 

Dopo Inside Man, le idee di Spike Lee non sembravano più granché e per risalire a buoni film bisogna andare ancora più indietro nella sua filmografia. Invece oggi torna prepotentemente ai grandi fasti della sua opera più significativa, che rimane Fa’ la cosa giusta, seguita negli anni successivi da altri film di forte impatto (Mo’ Better Blues, Jungle Fever, Malcolm X) tutti caratterizzati dal grande irrisolto problema razziale e di convivenza civile, senza dimenticare quel capolavoro, ma di tutt’altro tenore e argomento, chiamato La 25.a ora. E adesso invece torna in gran spolvero con questo film forte, di notevole efficacia, di grande polemica politica e civile, rivolgendosi senza mistero contro chi ha infiammato di nuovo le discussioni sulla supremazia bianca. A cui non risparmia riferimenti e frasi riportate e ripetute appunto dalla bocca dei feroci ed esaltati componenti del terribile KKK.

 

John David Washington, Adam Driver

BlacKkKlansman (2018): John David Washington, Adam Driver

 

Basato sul libro scritto dallo stesso protagonista, il detective nero Ron Stallworth, ci sbatte in faccia una storia allucinante trattata però con tanta di quella ironia e sarcasmo che a momenti sembra di assistere ad una commedia. Nera, ovvio. Al centro delle vicende c’è un giovane assunto nella polizia di Colorado Springs, interpretato da un vero figlio d’arte, proprio di quell’attore che si è rivelato ed è diventato grande soprattutto con i film di Lee: Denzel Washington. Il giovane John David Washington è bravissimo, pienamente nel ruolo e risultato alla fine perfino simpatico. Già dalle prime apparizioni delle sequenze iniziali, con il suo modo dinoccolato di camminare – in pieno stile dei tempi di riferimento – con una capigliatura gonfia e riccioluta da far invidia ai produttori di parrucche, dallo sguardo disincantato come fosse disinteressato a tutto ciò che avviene intorno a lui (immagine ingannevole! Ron è sveglissimo e attento a tutto!), John David attira l’attenzione dello spettatore con la sua presenza, già abbastanza tornito nelle forme (geni familiari?), alto e prestante, con la battuta pronta e preparato ad ogni evenienza, ma soprattutto con la voglia di affermarsi e avere incarichi importanti nel distretto di polizia di Colorado Springs. E difatti si distingue sin di primi giorni di servizio! L’attor giovane non escludo che possa fare una buona carriera. È ben accompagnato dal bravissimo Adam Driver, a cui come si può notare si rivolgono tanti registi, essendo un attore molto affidabile, a quanto pare. Formano una coppia inedita artisticamente e senz’altro fisicamente, specialmente in riferimento ai personaggi interpretati: Ron è un nero (in verità, per rimanere nello spirito del film, bisognerebbe scriverlo con la “g”!) senza remore a stare con i bianchi, Flip è alto ed ebreo, con un naso da ebreo come scriverebbe il grande Philip Roth: due tipi insomma che il KKK avrebbe volentieri linciato e bruciato.

 

Adam Driver, Jasper Pääkkönen, Ryan Eggold

BlacKkKlansman (2018): Adam Driver, Jasper Pääkkönen, Ryan Eggold

 

Sferzante, ridicolizzante, a tratti spietato, il film di Spike Lee fa senz’altro centro, pur se con una storia che partendo dal genere che pare un poliziesco/commedia si dipinge pian piano in thriller nel finale, senza mai di smettere di puntare il dito contro l’attuale presidente degli USA.Facciamo diventare l’America grande ancora” non è solo una frase della sceneggiatura in quanto già la conosciamo detta e ripetuta da Trump. È stato, sappiamo bene, il cavallo di battaglia nella campagna presidenziale USA. Girato con i colori tipici dei film del tempo, colori vivaci e abbigliamento black che più black non si può, è un ritorno fiammeggiante della “Blaxploitation” che tanto furore fece negli anni 60/70: sembra il ritorno di Shaft e del suo eroe Richard Roundtree, a cui pare perfino ispirarsi quel simpaticone del protagonista Ron Stallworth.

 

Topher Grace

BlacKkKlansman (2018): Topher Grace

 

Storia a parte spetta al cameo da urlo di un personaggio iconico e immortale: Harry Belafonte, che descrive con grande rammarico e commozione i fatti avvenuti tanti anni prima, quando lui era piccolino, il linciaggio disumano compiuto dai razzisti verso un povero ragazzo nero handicappato accusato senza prove e giudicato colpevole in quattro minuti dalla folla imbestialita: torturato, semibruciato, trascinato per le strade ed infine tagliato a pezzi, venduti poi come cimeli di un pomeriggio per loro divertente. Nessuna immagine, ci mancherebbe, solo qualche foto sfocata e mai ben mostrata, ma raccontata con la saggezza di un vecchio nonno di colore a tanti giovani del Black Power.

 

John David Washington

BlacKkKlansman (2018): John David Washington

 

Grazie Spike Lee di essere tornato con questa verve polemica, grazie di averci ricordato il tuo pensiero e il tuo cinema, che non può passare inosservato. Un’opera provocatoria sì, ma fino ad un certo punto, perché se i tre momenti di riferimento che citavo nell’incipit sono veri, c’è poco da polemizzare sul messaggio che il film porta in sé. La Storia parla chiaro e poi quello straziante finale, con le immagini reali di Charlottesville, con gli studenti che sbraitano verso le telecamere dei TG americani e che invitano a mostrare senza censura i corpi riversi sull’asfalto, con la foto sulla strada della povera ragazza uccisa circondata dai fiori portati dagli amici, colpisce duro i nostri occhi e la nostra mente.

 

John David Washington

BlacKkKlansman (2018): John David Washington

 

Come dicevo all’inizio? Nulla è cambiato a quanto pare. E lui ce lo vuol ricordare sempre, e lo fa dai tempi in cui quel nero ragazzone mezzo tonto che camminava nelle strade dell’estate torrida di Brooklyn con una radiolona enorme sulla spalla, con la musica rap e hip-hop a palla (R.I.P. Bill Nunn!) e c’era il piccoletto Mookie, anche lui nero (lui, proprio lui!) che doveva consegnare le pizze preparate da quei fanatici e antipatici degli italo-americani.

Per Spike Lee è sempre tempo per fare la cosa giusta! O no?

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