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Angelo

Regia di Markus Schleinzer vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Angelo

di gaiart
8 stelle

D'eleganza visiva estrema, questo film in cui ogni frame, spesso cristallizzato e lento, con immagini torride, composto da tanti quadri immobili, lunghe sequenze lente e sospese, sembra più una pinacoteca settecentesca che una normale pellicola cinematografica.

 

D'eleganza visiva estrema, questo film in cui ogni frame, spesso cristallizzato e lento, con immagini torride, composto da tanti quadri immobili, lunghe sequenze lente e sospese, sembra più una pinacoteca settecentesca che una normale pellicola cinematografica.

 

Realizzato con colori sofisticati e lisergici, ambienti e interni meravigliosi, architetture neoclassiche e non, sfarzosi abiti e adunche facce bianche ad esclusione di una quella del protagonista Angelo Soliman, un piccolo bimbo nigeriano prelevato e spedito in Europa, come caso di studio e indottrinamento nel 1730.

 

Interessante documento ed esperimento scientifico, nonché tentativo di formazione di un’anima, attraverso musica, teatro, cultura sulla vita di questo piccolo Angelo nero che, da bambino fu letteralmente strappato dall’Africa per esser venduto a una contessa, Alba Rorwacher. Imminente il contrasto tra il calore del bambino e della sua africa versus la freddezza di corte, dove ogni minima emozione viene repressa nel nome della cultura, del sapere o dell'ordine.

 

Co-produzione austriaca e lussemburghese, il film alterna tedesco e francese, pelli eburnee in contrasto con quella del protagonista che in diverse età, sempre sfodera eleganza, intelligenza, capacità d’adattamento e sopportazione, doti aliene ai suoi inutili ospiti.

 

Trattato come specie esotica, esemplare da museo, Soliman non a caso è anche il nome di un elefante, nella visone tassonomica degli etnologi viennesi, contribuì a definire la cosiddetta razza africana. Soliman infatti, alla sua morte non fu seppellito, ma impagliato alla stregua di fenicotteri e leopardi, animali africani nel museo di scienze naturali alla corte viennese, in cui contesse d'alti ranghi della società lo distinguevano a stento nel suo cabinet tra orsi polari, piccole gabbie e specie ornitologiche.

 

Corte illuminista, illuminata non tanto, ma bruciata si. Dalla sua stessa stupidità, arroganza e presunzione, Angelo è una riflessione metaforica e allegorica, scientifica ed emotiva oltre che artistica sui controsensi della società odierna che, ancora dopo tre secoli, è perennemente ibernata a parlare di razzismo, di migranti, continenti, colori della pelle e superiorità olistiche di occidente sul resto del mondo.

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