Espandi menu
cerca
Homeboy. Ragazzo di famiglia

Regia di Michael Seresin vedi scheda film

Recensioni

L'autore

79DetectiveNoir

79DetectiveNoir

Iscritto dall'11 febbraio 2020 Vai al suo profilo
  • Seguaci 17
  • Post 82
  • Recensioni 337
  • Playlist 7
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Homeboy. Ragazzo di famiglia

di 79DetectiveNoir
7 stelle

Mickey Rourke

Homeboy. Ragazzo di famiglia (1988): Mickey Rourke

Debra Feuer

Homeboy. Ragazzo di famiglia (1988): Debra Feuer

 

A simple self-destructive drifter and tough small-time boxer with a brain injury that could kill him meets and falls for a cute beach carnival owner, Ruby, but also befriends a sleazy friendly criminal, Wesley, who’s planing a big score.

Così recita la sinossi affissa su IMDb di uno dei grandi film degli anni ottanta con Mickey Rourke. Ovvero, Homeboy.

Sì, lo è, come d’altronde quasi tutti i film interpretati da Mickey durante la suddetta decade.

Film da lui stesso scritto sotto il fantomatico pseudonimo di Sir Eddie Cook. Homeboy, primo e unico film da regista del magistrale direttore della fotografia Michael Seresin. Cinematographer di molte pellicole di Alan Parker per il quale, fra l’altro, svolse un lavoro egregio ed estremamente seducente, illuminando, anzi chiaroscurando di tonalità plumbee e notturne il capolavoro Angel Heart.

Film cult con Rourke stesso e un ipnotico Robert De Niro. Una perlacea immersione sulfurea nella tetraggine dell’animo umano, una discesa negli inferi meandrici d’un moderno Faust ammantato dalla bellezza ambiguamente angelica d’un Rourke ai massimi storici.

Michael Seresin, recentemente ritornato famoso per Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie e The War - Il pianeta delle scimmie di Matt Reeves.

Tornando invece ad Homeboy...

Trama:

Johnny Walker (Rourke) è un pugile sbandato, mattoide, cerebralmente un po’ leso ma, nel suo cuore indomito e coriaceo, inarrendevole, romantico e visceralmente passionale, l’antesignano incarnato probabilmente del freak rourkiano di The Wrestler, non desidera affatto andare a tappeto.

Soprattutto nel ring più importante, quello della vita. Ove, metaforicamente, ci si rompe le nocche anche quando si sta sulla difensiva o s’indossano protettivi guantoni già imbottiti amaramente da impietose delusioni granitiche, ciondolandosi per strada, sotto un morbido e torbido plenilunio, ai piedi del proprio essere ridenti, tragicomici o irredenti pagliacci col fegato a pezzi e i denti marci, fenomeni da baraccone del tendone da circo d’una esistenza perennemente ferita e dai maligni circuita. Nella quale però forse, ancora flebilmente eppur inconsciamente incandescente, brilla profondamente ventricolare una selvaggia, spericolata voglia matta d’amore giammai arresasi. Per ricucirsi titanicamente al battito puro della vita.

Al che Johnny s’innamora infatti, per micidiale, esaltante fatalità, della bionda Ruby (Debra Feuer). Principessa quasi spiritata d’un luna park scalcagnato, ubicato ai margini d’una periferia degradata. Forse il luogo magico delle sue vere emozioni da tempo immemorabile da lui stesso celate, rattrappite o rapite, ischeletritesi e scarnificate, adombratesi nell’evanescenza decadente della sua anima arrugginita nel viale, un tempo fulgidissimo, delle sue vitali ferocie inaudite oscuratesi in un melanconico tramonto dei suoi sogni di gloria perduti e precocemente anneritisi.

Ecco allora che per Johnny (Johnny come Johnny Favorite di Angel Heart) spunta, proprio sul bello, proprio nell’attimo del rinascente giovamento, nello stupendo istante del suo, potremmo dire, innamoramento a ringiovanirlo dentro, nuovamente un diavolo tentatore da strapazzo, il guitto Wesley Pendergrass (uno straordinario Christopher Walken dal ghigno sardonico e luciferino).

Che gli propone un altro incontro di pugilato. Sarà quello definitivo prima della fine mortale, in ogni senso?

 

Film girato spesso sciattamente ma emozionatissimo dal primo all’ultimo minuto. Ingenuo eppur palpitante, strepitosamente naïf. Con dialoghi scritti assai male, come detto, da Rourke stesso in persona. In molti momenti, Homeboy è imbarazzante ma Rourke, grazie al suo carisma da gigante, pur non facendo molto per starci simpatico, inebria Homeboy d’un fascino superbo ed elettrizzante.

Ed è per questo che Homeboy è grande.

Colonna sonora da brividi di Eric Clapton.

 

 

di Stefano Falotico

 

Christopher Walken, Mickey Rourke

Homeboy. Ragazzo di famiglia (1988): Christopher Walken, Mickey Rourke

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati