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La donna del tenente francese

Regia di Karel Reisz vedi scheda film

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La recensione su La donna del tenente francese

di alan smithee
9 stelle
Nell'Inghilterra del 1860, uno stimato paleontologo si appresta a chiedere la mano ad una giovane nobildonna conosciuta nel villaggio marinaro ove l'uomo conduce i suoi studi sui fossili che la scogliera sulla Manica accoglie dall'inizio dei tempi.
Tutto procede secondo i migliori auspici per la coppia, almeno fino a che, in una giornata uggiosa e di mare in tempesta, l'uomo scorge, sulla cima del molo che difende il borgo di pescatori dalla furia delle acque, una donna un balia dei flutti impetuosi, intenta a scrutare l'orizzonte.
La fidanzata rivela all'uomo che si tratta della cosiddetta "donna del tenente francese", ovvero di una signora resa folle da una storia d'amore, peraltro non consumata, con un ufficiale francese che l'ha abbandonata e che ella attende sempre con la medesima speranza, che rientri a prendersela. La donna, considerata pazza e paragonata ad una prostituta, vive ai margini della società, derisa e ridicolizzata da chiunque.
L'uomo, nel soccorrerla e metterla in salvo, ne rimane affascinato, tanto da impazzire per lei e mandare a monte il suo fruttuoso progetto di matrimonio.

Nel frattempo lo spettatore sussulta nel trovarsi dinanzi, senza troppe precauzioni né avvisi, gli attori scelti ad interpretare i due personaggi, alle prese con le problematiche legale alla scelta del come girare le ultime scene, ovvero quelle cruciali, del film in corso di produzione.
Ma notiamo anche che tra i due protagonisti, entrambi impegnati sentimentalmente, corre un feeling che assomiglia molto ad una relazione clandestina e segreta, che in qualche modo li lega indissolubilmente ai due personaggi che costoro, attori di fama, sono impegnati a rendere credibili sul grande schermo.
Il cinema insegna alla vita, che si ritrova nella non consueta situazione di ispirarsi ad esso per trovare il modo di uscire da un percorso ad ostacoli in grado di stravolgere esistenze e serenità emotive ritenute erroneamente ormai raggiunte dai due celebri attori, ognuno coinvolto nella rispettiva situazione familiare in modo meno indissolubile e puro di quanto mai avrebbe osato credere.

Tratto dall'omonimo romanzo di successo di John Fowles del 1969, questo adattamento di successo e dal punto di vista narrativo del tutto innovativo rispetto ai primi anni '80 in cui fu girato, segna il ritorno del regista inglese (seppur di origini cecoslovacche) Karel Reisz, nella propria Inghilterra, dopo un decennio trascorso negli States che gli ha fruttato solo due pellicole, di qualità tuttavia entrambe straordinarie (The gambler con James Caan e Guerrieri dell'inferno con Nick Nolte), che dirige un adattamento riveduto e corretto in modo straordinario e geniale dalla brillante intuizione del celebre drammaturgo Harold Pinter, di concatenare la vicenda storica originale, con lo sviluppo di una simile storia d'amour fou che prende ed incastra i due attori protagonisti, nei momenti di pausa della realizzazione del film.
Visto con gli occhi smaliziati e preparati dei giovani cinefili di oggi, il film di Reisz appare forse più bizzarro e curioso di quanto invece non risultò straordinario e strabiliante all'epoca della sua uscita, apprezzato pressoché unanimemente dalla critica e accolto con favore dal pubblico, avvinto da una doppia vicenda che converge nelle medesime, drammatiche ed inconciliabili problematiche in grado di mettere a repentaglio famiglia già costruite, o in procinto di essere cementate e benedette dai sacramenti cristiani.
Il film costituisce anche un trampolino di lancio per la già nota Meryl Streep che con l'interpretazione intensa ed ispirata della sua sfortunata Sarah, nonché del suo alter ego moderno Anna, ottiene un Golden Globe ed una delle sue prime, e da quel momento in poi ricorrenti nomination all'Oscar come miglior interprete femminile.

lo sguardo smarrito ed attonito dell'attrice circondata dal mare in tempesta, avvolta nel mantello di tessuto grezzo che le lascia fuoriuscire parte della chioma fulva, rimane uno dei momenti cult del film, che poi ci sorprende col suo improvviso cambio di rotta, ed il suo volgere al passato alternando i due momenti fino a convergere nella medesima drammatica situazione conflittuale che unisce storia romanzata a quella ipoteticamente reale.
Al fianco della grande attrice, un Jeremy Irons un po' rigido e smarrito, efficace nel rappresentare l'incapacità di dominare i sentimenti, andando incontro senza freni ad un futuro ricco di incognite in entrambe le dimensioni del racconto.
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