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Jurassic World: Il regno distrutto

Regia di Juan Antonio Bayona vedi scheda film

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La recensione su Jurassic World: Il regno distrutto

di Tetsuo35
4 stelle

Che non ci si trovi di fronte a un film dalla scrittura raffinata è palese già dalla prima scena dove un gruppo di tecno criminali per effettuare una missione subacquea nell'isola dei dinosauri decide di agire prudentemente di notte durante una tempesta.

 

 

Dopo averci rapidamente informato di una ripresa dell'attività vulcanica sulla suddetta isola, vengono vengono reintrodotti i due protagonisti del film precedente in maniera imbarazzante (la scena della telefonata di lei alla governatrice, che dovrebbe dimostrarci la di lei scaltrezza, è francamente ridicola, per non parlare di lui, introdotto mentre da solo si sta costruendo una casa a mani nude) coadiuvati da due comprimari presenti solo in quanto giovani: lo spessore, anche recitativo (per dire la Howard si limita a sgranare costantemente gli occhioni), di tutti i personaggi coinvolti non andrà mai oltre questo e si ringrazierà in seguito l’abuso di action anche solo per aver tolto spazio nella pellicola ai dialoghi.

 

 

La sceneggiatura prosegue incastrando meccanismi abusati a ripetizione (per ben 5 volte un personaggio scampa al pericolo, dice “per un pelo!” e subito dopo ripiomba in bocca ai dinosauri, instaurando un effetto comico sicuramente diverso da quello ricercato. Insomma, a tutto c’è un limite), senza trascurare di buttare un occhio a ciò che funziona commercialmente nel contemporaneo (l’asta degli animali in stile Get out, un finale che apre a una deriva dinosauresca in stile Pianeta delle scimmie).

 

 

Anche a livello registico ci si limita a riproporre meccanismi già visti in precedenza (con tanto di immancabili inquadrature negli specchietti retrovisori delle auto, dinosauri classici che sconfiggono i loro cloni mostruosi e t-rex che ruggiscono in controluce) e a un professionale rincorrere l’accatastarsi degli eventi.

 

 

Con un unico scarto: la scena dove la bambina (un bambino ci deve essere sempre) si nasconde in camera sua sotto le coperte mentre il dinosauro, con un movimento di camera più elegante degli altri per quanto digitale, si avvicina al suo letto: qui per un attimo si entra in contatto con l’aspetto favolistico classico coadiuvato da un tocco di horror anni ‘80 (le mani ungulate della creatura richiamano palesemente l’incubo cinematografico per eccellenza, il buon vecchio Freddy). Un attimo di rallentamento che crea una piccola oasi di magia cinematografica all’interno di tanto frenetico correre.

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