Regia di Stefano Sollima vedi scheda film
So di essere provocatorio. Il film si lascia guardare e merita la sufficienza. La fotografia anche qualcosa di più. Ma lo sviluppo della storia è inconsistente. Laddove il primo aveva avuto il coraggio di andare in fondo, o perlomeno di procedere in maniera coerente, questo fa inversione a U ritornando sul sentiero del buonismo a tutti i costi. Soluzione furbesca ma assolutamente non credibile. Vince il botteghino. Vince la propaganda. Muore la storia. Muore il coraggio di raccontare. La sospensione dell'incredulità la lascio ai film di fantascienza; la ritengo invece una colpa mortale in film come questi che vogliono dipengere la realtà di certi fenomeni. Sono stanco di storie che parlano di redenzione, di riscatto, di scrupoli morali mai avuti prima senza alcuno spessore. Qui le cose sono al cubo perché il "riscatto" è di tutti e tre i protagonisti principali! La ragazzina che si avvia a essere la degna erede del padre narcotrafficante che si mette prima a piagnucolare, poi perde tutta la sua spavalderia e infine diventa consapevole degli orribili crimini del padre. Il sicario di stato, che all'inizio del film comanda via satellite l'uccisione dei parenti dell'interrogato sotto i suoi occhi, e poi ("fanculo", dice) disobbedisce agli ordini ricevuti per salvare la vita della ragazzina e le disegna un futuro protetto come se avesse già assistito alla sua "conversione". Il sicario che agisce per vendetta personale (del cui intervento peraltro a livello dell'azione non si capisce la necessità) che fa lo stesso, dopo che al termine del film precedente uccide due bambini a sangue freddo.
Ecco, "fanculo" lo dico io. Viva i sicari veri, i trafficanti veri, la cui sete di potere deve andare di pari passo con la perdita di ogni scrupolo, e viva gli spietati uomini di stato che li combattono con le loro stesse armi. Uomini immorali per definizione o costruzione. Abbasso le femminucce, abbasso i finti sicari e finti agenti dal cuore tenero o dai sentimentalismi facili.
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