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Sotto gli ulivi

Regia di Abbas Kiarostami vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sotto gli ulivi

di yume
9 stelle

Reale è l’eterno affresco della natura, una storia mobile e scritta da sempre, dentro vivono le storie effimere degli uomini, vere o verosimili, al cinema rappresentarne la mutevolezza cogliendone la verità più autentica.

Sono Mohamad Ali Keshavarz, l’attore che interpreta la parte del regista nel film. Siamo venuti a  Koker che dista 220 miglia da Teheran, dove l’anno scorso un terremoto ha distrutto tutto. Siamo in questa scuola appena ricostruita per scegliere una ragazza come attrice”.

Si apre così Sotto gli ulivi , tre piani in prospettiva: sul primo c’è lui, il narratore-regista, nel secondo una sequenza di veli neri senza volto, le ragazze della scuola, sul fondo gli ulivi, gonfi di rami e foglie, una massa argentea, leggera, spesso scossa dal vento.

Si gira un film nel film, il realismo della vita quotidiana si riversa nella finzione, l'equilibrio incerto tra realtà e sogno è un filo sempre teso.

Terzo film della trilogia, chiude la storia di Koker a terremoto avvenuto e sfollamento compiuto. Il paese è un cumulo di macerie, se si sta sull’altura di fronte e si chiamano i morti quelli rispondono, i vivi si sono spostati verso l’autostrada, cemento e aria sporca, ma c’è cibo, forse qualche lavoro, si sopravvive.

Degli attori tutti presi dalla strada ognuno ha parenti morti, per ognuno far parte del film è una risorsa che vivono come un dovere alla memoria.

Scene di grande qualità cinematografica riprendono il tranquillo tran tran di momenti di vita reale sul set o scelgono lo specchietto retrovisore dell’auto per far arrivare comparse in scena o, ancora, far girare il vassoio con i bicchieri di thè senza che si veda chi lo porta.

L’inizio è un casting, il regista passa tra le ragazze, si scoprono i volti, a qualcuna chiede il nome e dice alla signora Shiva, assistente di regia, di segnarlo. Le ragazze indicate fremono dentro, l’emozione traspare appena da una leggera increspatura delle labbra, niente urletti e salti di gioia, alla fine la prescelta è Tahereh (Tahereh Ladanian), forse la più carina, certo quella che sa il fatto suo, dice qualcosa al regista, esce sorridendo dal suo velo nero, ha personalità, studia, non è analfabeta come i contadini.

Sarà lei a fare la parte centrale in questo film sul film, il protagonista maschile sarà Hossein (Hossein Redai), ex muratore, analfabeta, parenti morti nel terremoto e lui non vuol più aver a che fare con mattoni e murature. Il terremoto lascia segni nell’anima quando risparmia il corpo.

Gli ulivi fanno da coro, fino all’ultima scena, una chiusura memorabile, tra le più belle del cinema mondiale, non ci sono parole, è solo da vedere e ascoltarla accompagnata dall’ oboe del Conc. C 4.Allegro Giusto di Cimarosa.

https://www.youtube.com/watch?v=z1pwdM0Bm-g

Terzo film della trilogia di Koker , legato agli altri e profondamente  autonomo nella sua compiuta bellezza, a un anno dal terremoto e lontano dai piccoli problemi dei due alunni e del loro quaderno di Dov’è la casa del mio amico , la macchina passa tra le rovine di Koker, miseri resti di una miseria antica, rovine tutte dello stesso color sabbia e ocra.

Il set è in un angolo fra i ruderi, si gira una scena fra Tahereh e Hossein, due sposi del giorno dopo il terremoto, prima casa sotto un telo di plastica, fame, miseria. Ora vivono in questa casetta addobbata con piante di geranio portate da casa da attori e comparse.

La scena dev’essere continuamente ripetuta, qualcosa ogni volta non funziona. Fiction e realtà si fondono, Tahireh, chiusa nel suo silenzio col libro in mano, si limita alle battute del copione, Hossein invece è innamorato di lei e coglie ogni pausa fuori scena per insistere, dirle il suo amore, cercare di convincerla.

Ma la nonna della ragazza ha già detto no, lui è analfabeta e senza casa, la ragazza è impassibile, e il povero Hossein è un miracolo di perseveranza, fino all’ultima corsa sotto gli ulivi.

Ma perché si ostina così con Tahireh?

“Se mia moglie è analfabeta come me chi li aiuta i nostri figli a fare i compiti di scuola?... Se i ricchi stanno con i ricchi e i poveri con i poveri…”

E’ una scena chiave per entrare nel mondo di Kiarostami, seduti dietro il pickup la voce calma e il viso triste di Hossein dicono al regista cose di semplicità estrema e verità spiazzante, aiutarsi l’un l’altro, condividere nella differenza:

Se due persone si sposano e hanno due case non possono vivere con la testa in una e i piedi nell’altra…”.

Tornano in Sotto gli ulivi facce note, c’è il maestro di Dov’è la casa del mio amico che maestro è anche nella vita, ma il suo lavoro non gli piace molto e “… se ci fosse una particina anche per me…”.Non ama il cinema e l’arte in genere, dice, ma il terremoto ha reso la vita difficile.
Ci sono i due bambini di quel film alle prese con il dramma del quaderno. Li riconosciamo, ancora amici, sette anni in più, ora sono adolescenti, hanno esami a scuola ma questo set non lo perdono e fanno lavoretti per aiutare le riprese.

A partire dalla  trilogia di Koker che si colloca agli inizi del suo cinema per finire con 24 Frames, ultimo film girato prima della morte nel 2016, Kiarostami ha sempre dato forma all’invisibile che c’è oltre i confini del visibile, la mdp ha guardato il reale creando una trama di piccole cose, gesti minimi, storie disadorne ricche di significato nascosto.

Vediamo scorrere una scena dopo l’altra  piene di poco, un film da girare, montare, chissà quando distribuire, uomini e donne in una bolla reale e irreale, si arriva alla fine, il set va smontato, le riprese sono finite, Hossein non ha convinto Tahireh e ora potrebbe non vederla più.E questo è il vero dramma.

Lei, sempre in silenzio e sempre di spalle, non ha bisogno di essere portata a casa dalla macchina di servizio, c’è una scorciatoia fra gli ulivi. Prende il suo vaso di gerani e va via, Hossein la guarda, disperato, il regista si avvicina, il suo sguardo oltre le cose:

Va’ avanti a piedi, non c’è posto in macchina, sei giovane”.

Comincia qui la grande corsa di Hossein per raggiungere Tahireh, una lunga discesa tortuosa e l’immersione nel folto degli ulivi.

Dall’alto la macchina segue la corsa, due puntini bianchi all’orizzonte emergono dalla grande macchia di ulivi, sembrano raggiungersi, e poi un solo puntino bianco torna indietro e scompare sotto gli ulivi.

Unici, splendidi superstiti, vedranno altri terremoti e tante storie scorreranno sotto la loro grande chioma.

Reale è l’eterno affresco della natura, una storia mobile e scritta da sempre, dentro vivono le storie effimere degli uomini, vere o verosimili, al cinema rappresentarne la mutevolezza cogliendone la verità più autentica.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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