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Coco

Regia di Lee Unkrich, Adrian Molina vedi scheda film

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La recensione su Coco

di lamettrie
8 stelle

Commuovente e intelligente cartone. Il meglio lo dà nella resa dei rapporti affettivi e famigliari.

Indimenticabile la scena in cui la nonna, affetta da Alzeihmer, ritrova la memoria dopo aver sentito la canzone che il padre le aveva dedicato quando lei aveva tre anni. 3 anni e (?) 93, ma la stessa pasta affettiva è ciò che ci contraddistingue, come esseri umani.

Non indulge, il film Pixar, in modo semplicistico e scontato sugli affetti familiari: per tradizione e ignoranza, la famiglia può essere una gabbia, quando impedisce ai minori di vivere la propria esistenza seguendo ciò rende più felici. A quel punto è lecito contestarla, cercare di cambiarne le convinzioni e, se ciò non è proprio possibile, abbondonarla.       

La sceneggiatura poi non fa sconti a uno dei cliché tipici del capitalismo: la santificazione delle celebrità. La star della musica è un volgare plagiatore, oltreché criminale assassino: tutta la sua retorica del “cogli l’attimo”, di seguire inoltre la propria vocazione e il proprio destino che non potranno che portare al successo (tipico inganno della propaganda neoliberista) vengono qui giustamente mostrati per quell’inganno imbonitore che sono, e condannati.

La realtà, lì e nella maggioranza dei casi storicamente accaduti, è ben altra: il vero genio è vittima dell’inganno e della scorrettezza, tirata fino al crimine, altrui; è vittima, con tragica amarezza, della propria incapacità di non essere un criminale laido come i suoi concorrenti. Ma il demerito, lì, è più che altro un merito: non un “non saper essere”, ma un “non voler essere” una persona da disprezzare profondamente. Che la storia umana favorisca gli infami, che parassitano coloro i quali davvero meritano, è ampiamente accaduto, ben più che il contrario, purtroppo. Ma la denuncia è indispensabile primo gradino, di quel miglioramento che è necessario che accada, per evitare che si ripetano tali disgrazie.

Bella è poi la ricostruzione, a quanto pare fedele, della tradizione messicana: la sua devozione per i defunti e gli antenati; il suo colore e la passione musicale, così trascinanti e rare; la sua umana autenticità e calore. Inoltre sono splendide le scenografie (da sogno e/o, volutamente, da incubo), nutrite sul talento visionario di Frida Khalo, che giustamente omaggiano.

La trama è un po’ complicata: ma dalla metà in poi la sceneggiatura si riscatta, mostrando un senso chiaro, e profondissimo. Se ci sono poi esseri immaginari a favore, si perdona perché i primi destinatari di queste operazioni sono i bambini; ma non si può negare un gran ritmo, e l’incalzare via via di elementi sorprendenti, e dunque avvincenti.        

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