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La douleur

Regia di Emmanuel Finkiel vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La douleur

di zombi
8 stelle

il dolore si può vedere e si può toccare grazie a film come LA DOULEUR , a registi che ci credono fermamente e attori che si danno completamente, trattenedosi ma non lesinando in talento ed emozioni, con un trasporto tale, difficile da vedere.

marguerite è incastrata tra l'occupazione, la resistenza, la liberazione e un nuovo inizio.

marguerite parla a sè, tra sè, e ad un'altra sè. non basta  avere la voice over come in un brutto film che ti occupa sempre la testa.

la testa la devi tenere occupata, perchè l'occupazione tedesca e la cancrena collaborazionista non le permettono di non pensare al suo robert, arrestato presumibilmente per una spiata di un amico-compagno, e di cui non riesce più a sapere nulla.

le stagioni passano, tra la fine dell'occupazione e l'inizio della liberazione, quando della guerra non si sapeva nulla, quando tornavano i treni coi sopravvissuti e quando gli scampati ai campi di sterminio cominciavano a parlare degli orrori di cui poi il mondo saprà e che pare non ricordarsene mai abbastanza. 

marguerite si immischia e si mischia con un collaborazionista "gentile" che la riconosce e decide di aiutarla col suo robert.

la tiene in scacco con incontri giornalieri dove lui gradirebbe parlare della libreria che vorrebbe aprire nella parigi occupata non volendo riconoscere i segnali di una liberazione imminente, agognata da tanti e paventata da molti che la guardano al tavolo col collaborazionista come si guarda un piccolo animale inutile che sta per diventare il loro prossimo giudice carnefice; che ricorderà loro di cosa non hanno avuto il coraggio di fare e di cosa hanno collaborato a creare.

marguerite è incastrata nei meandri di un meccanismo sporco, subdolo, sotterraneo, malato, crudele e cattivo dove non ti puoi fidare di nessuno perchè chiunque potrebbe fare il delatore e spedirti direttamente in un campo in germania e sparire da qualche parte non si sa dove, a fare cosa.

il dolore la possiede costantemente, sia quando non sa, e soprattutto quando viene a sapere.

è con lei quando è coi suoi compagni e con dyonis(un perfetto benjamin biolait, doppiato egregiamente con quel tono asciutto e distaccato, quasi senza tonalità)amico intimo di robert e suo attuale amante-amato, è con lei quando si chiude in casa dopo la liberazione ed è con lei quando lavora, cammina e incontra il collaborazionista(un qualunque uomo sartorializzato dal fine benoit magimel) nella città occupata.

il dolore è esattamente lo stesso di tutte le altre donne, madri e mogli che aspettano notizie dei loro uomini o dei loro famigliari, in una nazione che una volta liberata, si ferma in lutto per la morte di roosvelt, ma non osserva il lutto per il proprio popolo, deportato e sparito.

emmanuel finkiel espolitando la propria infinita protagonista, (una superba melanie thierry, tanto brava e tanto contenuta, strizzata nel proprio esile corpicino, sempre con le braccia chiuse a fumare, con quegli occhi bramosi che esternano i suoi sterminati pensieri e la bocca carnosa contratta in rinsecchite parole ) permette al dolore personale di marguerite di essere quello nazionale. 

insieme alla fotografia giallastra, quasi rancida, e spesso impolverata, neanche fossero ricordi ammuffiti tornati a galla da un cassetto domestico, quanto da un archivio dimenticato, riesce grazie ai suoi andirivieni avanti e indietro in un lasso di tempo di un anno, di creare quello che doveva essere la sopresa e lo stupore delle persone nel vedere tornare gli uomini , e la delusione di non vedere mai arrivare il proprio compagno.

grazie ai panni lavati, stesi e stirati per mesi, siamo partecipi di una madre anziana, dell'attesa di una figlia disabile, uccisa appena dopo essere arrivata al campo, ma che lei appena prima di lasciare per sempre la casa di marguerite, decide scientemente e consapevolmente di sperare e credere che sia solamente una delle tante notizie confuse che arrivano dal fronte e dalla germania in fiamme.

che bel film questo di finkiel e che grande opportunità per l'esile melanie thierry, oppressa dal peso del ruolo, dei tanti personaggi interpretati da altri attori negli altri film di guerra, nelle immagini documentarie e di archivio, negli orrori descritti e letti, in un tour-de-force estenuante che esplode in un pianto vero e sincero e insostenibile, pena la salute, di un'attesa schifosa cresciuta in un dolore inquinato e sfociato nella prima estate da liberi verso un futuro incerto come l'esile figura di robert sfocata contro il sole.

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