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Al lupo al lupo

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Al lupo al lupo

di hallorann
4 stelle

Tra MALEDETTO IL GIORNO CHE T’HO INCONTRATO e PERDIAMOCI DI VISTA due dei vertici della cinematografia di Carlo Verdone, il comico romano infilò AL LUPO AL LUPO, scritto (e girato) nell’arco di pochi mesi insieme a Benvenuti, De Bernardi e Filippo Ascione (ex sceneggiatore personale di Sergio Rubini). Vanni Sagonà è un pianista di formazione classica, al suo concerto di musiche di Debussy e Satin non si presenta il padre Mario, uno scultore ottantenne di fama internazionale. Vanni sensibile e scrupoloso non lo trova in casa e mette in allerta i fratelli Livia e Gregorio. Lei ha un rapporto matrimoniale ipocrita, coglie l’occasione della misteriosa scomparsa del padre per allontanarsi dal marito. Insieme a Vanni si recano in una villa di campagna che trovano occupata da un Rave party organizzato da Gregorio alias Doctor Music un dj con la pancia e il codino fittizio. Vanni indignato per come è stata ridotta la dimora paterna litiga furiosamente con Gregorio. Calmatisi gli animi i due Sagonà vanno a Siena per verificare se il padre andrà a ritirare un premio vinto, mentre Livia lo cercherà nella casa al mare. Non si troverà da nessuna parte. Vanni e Gregorio scopriranno invece l’ennesima bugia di Livia. Alla ricerca di indizi i tre fratelli si ritroveranno, bisticceranno e si riameranno. Il luogo in cui si è rifugiato il vecchio Sagonà è indicato in una poesia.

AL LUPO AL LUPO al di là dei riferimenti (non precisi) e delle suggestioni autobiografiche di Verdone autore è una commedia per dirla alla Mimmo (personaggio di BIANCO ROSSO E VERDONE) “senza infamia e senza lode”, incompiuta e un po’ banale. Verdone perlomeno è onesto e coerente, l’assenza di un padre artista stronzo, solitario o meglio egoista che non si è fatto mancare nulla nella vita non ha implicazioni generazionali o significati politici. Il cinema di Verdone attore/regista si alimenta di gag, situazioni comiche, caratteri vivaci e particolari. Qui presi singolarmente quegli elementi ci sono tutti, ma nel quadro complessivo non decollano. I caratteri di Livia e Vanni nonostante le buone interpretazioni di Francesca Neri e Sergio Rubini sono abbozzati, Gregorio è il personaggio più interessante e Verdone si diverte a caricarlo con istrionismo ma pure lui non convince fino in fondo. Il dosaggio dei momenti nostalgici e intimisti mischiato alle canzoni demenziali del musicista frustrato Gregorio e le sfrenatezze in discoteca non sempre è corretto. Così come i contrasti tra il moralismo e il perbenismo di Vanni, “un anno de pippe” di Gregorio e il ricordo del primo rapporto sessuale di Livia fanno parte della cifra verdoniana. Sfasato e fuori fuoco come il ritratto disegnato da Mario Sagonà ai figli nel finale.

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