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Regia di Roger Gual vedi scheda film

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La recensione su 7 años

di Furetto60
7 stelle

Raffinato thriller psicologico, dal taglio teatrale. Sceneggiatura brillante, recitazione a livello

Nello studio di un’azienda produttrice di software, di grande successo, s’incontrano i quattro soci ; Marcel Luis e Carlos e Vero.  È sabato non dovrebbero essere lì, ma c’è un’emergenza, secondo un’attendibile soffiata sono venuti a sapere che il fisco si è messo sulle loro tracce. Non a caso, in quanto hanno depositato, d’intesa unanime, su un conto corrente segreto in Svizzera, un’ingente somma di denaro, ovviamente non dichiarata, prevedono dunque che già il successivo lunedì, la polizia irromperà nella sede della società sequestrando ogni documento. Non c’è possibilità di eludere i controlli, l’unico sistema che hanno per salvare la ditta è che uno di loro si addossi l’intera colpa della frode. scontando anche la relativa pena di sette anni (prevista per il reato, come suggerito dal titolo).  Setti anni di prigione ma l’azienda e gli altri tre soci, saranno salvi. Come prevedibile nessuno dei quattro è disposto a immolarsi.

La decisione è difficile da prendere e allora si richiede l'intervento di un mediatore esterno, tale Veiga una sorta di avvocato "sui generis", che deve fungere da “moderatore” nel   confronto tra gli astanti, si presenta con aria dimessa, ma in realtà ha le idee molto chiare.  Serve a placare gli animi quando si surriscaldano, scandendo i round di questo difficile e impegnativo incontro/scontro, inquadrandolo in una cornice giuridica, condendolo con proposte, controproposte, mantenendolo entro i confini del civile confronto, anche se spesso i protagonisti rischiano di andare fuori dal seminato. Quanto valgono setti anni di galera? 15, 20, o forse 30 milioni? L’amicizia decennale cede il passo, davanti al “mors tua vita mea” Veiga  fornisce loro gli elementi  su cui ragionare, li spinge a valutare,  ad  analizzare la situazione, sviscera i ruoli di ognuno di loro, affinché sia chiaro chi abbia più o meno importanza nell’ambito dell’azienda, usando metafore ed esempi e mantenendosi il più possibile neutrale. I quattro soci si calano nell’agone, come fosse una vera e propria partita a scacchi, fatta di rivelazioni, atti di cinismo, votazioni e sofismi verbali, pur di mettere al riparo la propria libertà, alla fine una guerra  di tutti contro tutti, senza esclusioni di colpi , anche bassi, in cui lo spirito di gruppo, presto va alle ortiche, facendo  emergere  egoismi e personalismi, al punto da far finire i quattro “ contendenti” in un vortice di rancori, accuse e perfino insulti. È la situazione estrema a far venire a galla, il vero carattere dei personaggi e i segreti a lungo nascosti, a rivelare la fragilità di quattro persone, dapprima uniti dalla convenienza e poi divisi dalla stessa. Un vero e proprio gioco al massacro psicologico: devono fare un nome, e devono farlo in fretta. Senza mai uscire dall’ambiente in cui ci troviamo fin dall’inizio, il film raggiunge alti picchi di drammaticità. attraverso una regia lineare e sobria, in cui la macchina da presa si muove intorno agli spazi, seguendo i personaggi che si spostano all’interno degli ambienti dell’ufficio, come se questo fosse un palco teatrale, utilizzando diversi piani sequenza. Per marcare le reazioni dei personaggi coinvolti, le loro reticenze e menzogne. Il ritmo è incalzante, anche per merito di una sceneggiatura frizzante e di una recitazione adeguata, Anos, di Roger Gual, è un notevole e raffinato thriller psicologico   La struttura è quella di un dramma da camera (kammerspiel), genere cinematografico antico ripreso anche dal regista Polanski in alcuni suoi film, tra cui Carnage. Con giusto equilibrio tra ritmo e pause, l’autore dimostra davvero come sia possibile realizzare un ottimo film con spesa irrisoria, se supportato da un’idea valida, un unico ambiente, cinque bravi attori e un finale, davvero efficace,  e provocatorio, una conclusione che interrompe con un bel colpo di scena,il perverso gioco delle rivelazioni, ormai irreversibile

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