Espandi menu
cerca
Un sogno chiamato Florida

Regia di Sean Baker vedi scheda film

Recensioni

L'autore

champagne1

champagne1

Iscritto dal 18 gennaio 2012 Vai al suo profilo
  • Seguaci 47
  • Post -
  • Recensioni 963
  • Playlist 6
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Un sogno chiamato Florida

di champagne1
8 stelle

Intorno al mondo artificiale e incantato dei parchi a tema di Orlando, esiste una periferia fatta di residence coloratissimi e a basso prezzo dove vive tutto quel proletariato che lavora nei negozi e nei servizi in funzione dei milioni di turisti in arrivo da ogni parte. Qui si aggira la vivacissima Moonee, una bambina di 6 anni che impiega le vacanze estive con i suoi amichetti a perlustrare i dintorni del motel, in cui vive con la madre, in assenza di una qualunque guida educativa. Mentre l'amministratore del residence, Bobby, tra una ramanzina e l'altra butta comunque un occhio ai ragazzini, la madre di Moonee, Halley, vive di espedienti e non sembra molto interessata a svolgere la sua funzione genitoriale. Quelle vacanze estive segneranno comunque per i tre protagonisti una cesura rispetto al passato...

Il 46enne regista, Sean Baker, arriva a questo film dopo 5 opere precedenti, ognuna a suo modo notata dalla critica e solo in parte dal pubblico, connotate da una particolare attenzione per i temi legati a costumi e società.

Qui Baker sposa da subito il punto di vista della piccola Moonee, ricostruendo con una macchina ad altezza di bambina tutte le sue simpatiche malefatte in mezzo a  tanti giochi, sputi sulle auto  e questue per comprare un buon gelato.

Lo spettatore, pure turbato dagli eventi, continua a guardare agli avvenimenti con la stessa lieta innocenza della bambina, sempre sorridente o strepitante, ma piena di una voglia di vivere che si placa solo davanti a un buon menu al ristorante.

La piccola Brooklynn Prince ha una tale capacità espressiva che  sicuramente surclassa non solo la giovane e bravissima  esordiente Bria Vinaite, completamente calata nel ruolo della madre infantile e narcisista, ma anche un mostro sacro come Willem Defoe, nella parte del manager che sente il bisogno di esternare il suo paternalismo nei confronti di quella coppia apparentemente così fragile.

E il drammatico finale, sempre descritto dal punto di vista della baby-protagonista, concorre a sottolineare la fallacità delle illusioni artificiali, anche tramite la modifica della definizione fotografica delle ultime sequenze filmate.

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati