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A Dark Song

Regia di Liam Gavin vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su A Dark Song

di alan smithee
6 stelle

Cosa induce una donna ancora giovane e bella, ma sola e pensierosa, ad affittare una casa lussuisa e tetra sperduta nel bel mezzo della campagna irlandese, pagandola già una cifra notevole, ed aggiungendo altro contante per assicurarsi la più completa indipendenza da fattori o condizionamenti esteriori? Le ragioni risiedono entro un dramma personale che la donna ha vissuto e a causa del quale non si è più rispresa. Da qui la scelta di trovare un posto isolato e contattare e far giungere a sé un guru dell'occultismo che, raggiuntala, dapprima rifiuta di collaborare, poi si convince ad intervenire, presiedendo un lungo e complesso rituale per iniziare il quale l'uomo sottopome la donna ad un complicato processo di purificazionem fisica e mentale, che la predisponga nel migliore dei modi a sottoporsi ad una vera e propria seduta che la riporti in contatto con lo spirito del figlio prematuramente scomparso.

Isolatisi attraverso un cerchio di calce che l'uomo dispone lungo il perimetro della inquietante magione, i due iniziano una convivenza difficile, sia a causa dei rituali controversi e spesso fisicamente estenuanti a cui la donna si sottopone, sia a causa dell'ansia che coglie la stessa, troppo ansiosa di ricongiungersi all'anima del figlio, senza che il processo di maturazione sia ancora giunto a compimento.

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Alla sua opera d'esordio, il giovane regista irlandese Liam Gavin ci sorprende con un valido horror che, pur partendo da basi e tematiche ampimente e spesso convenzionalmente trattate dalla cinematografia di genere, si discosta da molti altri per il realismo con cui affronta la missione a cui si sottopongono i due protagonisti: due persone poco conciliabili ed amalgamabili tra di loro, uniti uno da una esigenza insopprimibile, l'altro da un lavoro ben retribuito, di cui tuttavia sembra essere conoscitore e custode di mille segreti indispensabili per il buon esito della complessa trattativa.

Il film si presenta sgradevole, spigoloso, ma forte di situazioni e momenti davvero inquietanti e densi di carica emotiva, in un crescendo di suspence che chiarisce poco per volta ma con estrema cura, anche certe dinamiche tenute nascoste dalla donna.

Un film ove trapela con forza e carattere l'anima esoterica che lo guida, e in cui la presenza di deu personaggi caratterilmente davvero poco conciliabili ed uniti solo dalle necessità del caso, crea momenti di autentica tensione, forte una protagonista perfettamente calata nella parte (la brava e bella e qui comprensibilmente tormentata Catherine Walker), e un suo sgradevole, inquietante collaboratore che, nonostante ciò, per forza di cose diviene il suo più stretto confidente, e l'unica soluzione per cercare di raggiungere un obiettivo che per ogni altra persona sarebbe solo il frutto di una fantasia malata, o compromessa da un dolore troppo difficile da assimilare (lo interpreta un perfettamente e pertinentemente disgustoso Steve Oram, attore rossiccio molto abile a rendersi sgradevole, d'aspetto come anche a livello comportamentale, già  incontrato nella commedia nerissima "Killer in viaggio" di Ben Weatley, e nell'horror "The canal").

Un film che inizialmente percorre tracciati apparentemente già sin troppo tracciati, ma che sa col tempo tradurre visivamente l'orrore e la paura che si prova dinanzi ad elementi quasi palpabili provenienti da altre dimensioni per noi inesplorate, con una certa perizia, garantendo un buon tasso di inquietudine allo spettatore che si addentra all'interno del suo sinistro rituale.

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