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Safari

Regia di Ulrich Seidl vedi scheda film

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La recensione su Safari

di alan smithee
7 stelle

Sono benestanti, felici, realizzati e amanti della quiete familiare. E trascorrono le vacanze a massacrare specie animali con armamenti da killers professionisti ai danni di una fauna che ci piacerebbe credere protetta.

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Safari (2016): scena

VVENEZIA 73 - FUORI CONCORSO - NON FICTION

Dopo lo spiazzante In the basement torna (a farsi guardare e a Venezia) il regista dell'orrore quotidiano nascosto dietro la porta di casa: Ulrich Seidl. 

Questa volta nel mirino (in tutti i sensi) del cineasta la passione di alcuna parte della razza germanica per la caccia esotica.

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Safari (2016): scena

Tranquille e facoltose famiglie da manuale che spendono fortune per cacciare qualsiasi specie animale della savana, prodigandosi in veri e propri safari di sangue dove le prede non vanno semplicemente spiate nella loro naturale intimità da habitat, ma accerchiate, rincorse con fuoristrada, braccate e quindi uccise, anzi abbattute, come specifica una amorevole e sensibile madre di famiglia.

Lo shock è  inevitabile; il disgusto per costoro addirittura contagioso.

Chi non vorrebbe vederli nudi e braccati nei vicoli cittadini da assassini armati di tecnologie superiori alle loro?

L'incredibile è che Seidl riesce a far credere a questi assassini consumistici (non saprei come altro chiamarli) che il suo film celebri le loro gesta, mentre il fine ultimo dello shoccante doc e quello di demolire definitivamente, riservando un trattamento da legge del contrappasso a questa bolgia di volgari, rozzi e inquietanti giustizieri della domenica e del tempo libero.

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Safari (2016): scena

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Safari (2016): scena

La carneficina viene commentata, edulcorata, spiegata   utilizzando i più  deliranti espedienti che non fanno che fornirci un ritratto di una società inquietante che vive di contraddizioni e brutalità senza che un granello di coscienza civico morale possa scuoterli o tentare di rinsavirli.

Uno shock totale per un ulteriore tassello sferzante e cinico sull'abbruttimento di un popolo, di una casta, di un club di assassini legalizzati.

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