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Venerdì 13

Regia di Sean S. Cunningham vedi scheda film

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La recensione su Venerdì 13

di Raffaele92
8 stelle

Negli anni ’70 lo slasher non era che un genere in embrione, una sottocategoria dell’horror che ancora non rispondeva a quella “teoria dell’accumulo” che avrebbe fatto di “Venerdì 13” la novità assoluta.

Col film di Cunningham entriamo in un nuovo decennio: se gli anni ’80 sono stati (cinematograficamente parlando) il decennio dei corpi, in “Venerdì 13” il corpo diventa protagonista e al contempo elemento sacrificale di un’elegia del massacro.

Perché, come ho già detto prima, ciò che conta è l’accumulo: di squartamenti per tre quarti del film, e di insostenibile tensione nell’ultimissima parte.

Poi può piacere o no, e sicuramente si tratta di un’opera sorpassata, ma il film in analisi scrive i comandamenti di un genere, ergendosi a imprescindibile tesi da inchiodare al muro di chiunque voglia realizzare cinema dell’orrore o si cimenti semplicemente a guardarlo.

Una doverosissima parentesi sugli straordinari effetti speciali, grazie ai quali Tom Savini sarebbe diventato un’icona dell’horror a dispetto delle sue quanto mai sporadiche comparse cinematografiche.

A essere particolarmente efficace è un’ambientazione del tutto inusuale, che colloca gli individui in un luogo altro, concettualmente inaccessibile e fisicamente isolato: quella casa nel bosco e tutto ciò che la circonda (minaccioso lago compreso, che nel film ha un ruolo fondamentale) sarebbero poi diventati gli elementi distintivi di un (sotto)genere.

Ha così inizio il cinema della “conta dei morti”, degli spaventi telefonati ma paradossalmente efficacissimi, di quel susseguirsi di uccisioni che non è una componente (o un mezzo) per lo sviluppo di una trama, bensì il plot stesso, il fine di tutta l’operazione.

Al grado zero di attività cerebrale, resta – per chi è disposto ad accoglierlo – il puro piacere della contemplazione di una nuova e radicale forma, in grado di riscrivere la grammatica di un intero ramo della Settima Arte.

È anche e soprattutto così che si fa vero cinema.

Un’opera seminale e forse – a suo modo – epocale.

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