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La mia notte con Maud

Regia di Eric Rohmer vedi scheda film

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La recensione su La mia notte con Maud

di Serum
9 stelle

 

Dopo aver deciso che un giorno avrebbe sposato Françoise, Jean-Louis si ritrova a fare degli incontri curiosi: un amico che non vede da tanto tempo, poi una donna che trova attraente. All'inizio la conversazione è a tema filosofico, ma dato che, parafrasando Jaspers, la filosofia è un cammino che ci fa porre domande su ciò che sappiamo (o crediamo di sapere), fa presto a dirottare verso isole ben più private. Jean-Louis convive più o meno pacificamente con le proprie imperfezioni, ma non per questo evita di cercare di migliorarsi: è ben affezionato alla sua idea di ciò che significhi essere cristiano, la quale cancella con intelligenza le controverse fondamenta proselitistiche e rinnega le (a sentir lui) fredde riletture proto illuministe; ripensa con distaccata riluttanza alle sue relazioni passate evitando recriminazioni ("ci siamo lasciati per via delle circostanze"); guarda a un po' tutta la sua vita con pacatezza pur restando prudenzialmente sulle sue; ma più di ogni altra cosa sente, mai come in quella notte citata dal titolo, di dover restare coerente con sé stesso. Perché la sua vita, come quella di chiunque altro, appare in fondo costruita su di una serie di lunghissime attese, che ci preparano ad affrontare quelle poche scelte davvero importanti (per noi, ma invisibili per chi ci osserva dall'esterno) che ci permettono, quando rimaniamo soli con la nostra coscienza, di sentirci in pace con noi stessi. Lui vuole avere un rapporto sessuale con Maud, la desidera quasi ostentatamente (tanto è insistito il suo rifiuto), ma quel giorno ha deciso di sposare Françoise (che sembra un tenero agnellino: studentessa modello, va in chiesa ogni domenica e magari aiuta le vecchiette ad attraversare la strada), e la famosa vocina dentro la testa gli dice che quello è uno di quei momenti importanti in cui bisogna scegliere. E lui, sceglie la coerenza. Ma quando anni dopo, grazie ad un solo fugace scambio di sguardi, capisce la verità, la sua rivincita nei confronti di una scelta che adesso percepisce come sbagliata, è riscrivere la storia, far finta di non avere mai dato peso a quel demone che è la coscienza (in greco δαιμων significa sia divinità che diavolo, che cosa curiosa...). E questa prima, vera menzogna detta con rabbiosa malizia (perfettamente celata), si può solo immaginare a cosa potrà dare inizio all'interno di quel matrimonio all'apparenza così pulito e perfetto: esiti che vengono lasciati alla fantasia di chi vive le sue relazioni forse non troppo diversamente dal protagonista. Quand'ero adolescente, era uno dei miei film preferiti. Oggi non posso non constatare quanto sia verboso (a tratti quasi logorroico). Ma ci sono affezionato come a poche altre opere: per la puntale limpidezza con cui mette in scena la complessità dei rapporti umani, per la sua capacità di raccontare il pensare il (ed il pensarsi nel) rapporto di coppia, per il semplice ma perfetto modo in cui delinea (e silenziosamente trasforma) i caratteri. Ad oggi resta probabilmente il film di Rohmer che amo di più.

 

 

 

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