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Il conte Max

Regia di Giorgio Bianchi vedi scheda film

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La recensione su Il conte Max

di lamettrie
8 stelle

Un film ben riuscito, istruttivo e divertente. Il personaggio di Sordi mostra tutti i limiti dell’alta società: la scarsa desiderabilità reale (al di là delle apparenze), l’ugualmente scarsa ammirazione che suscita.

La classe dirigente viene mostrata per quel che è, ed è (quasi) sempre stata: un verminaio di falsità e arroganza. Quanto più i suoi componenti si studiano di distinguersi al suo interno, a discapito l’uno dell’altro, tanto più mettono in atto comportamenti che fanno male: non solo fanno star peggio chi li subisce, ma fanno star male, non meno, anche coloro che li mettono in atto.

La maturazione interiore del personaggio di Sordi, semplice quanto vera e preziosa, lo porta a riconoscere tutti gli errori in cui lui stesso si era cullato: in particolare, il mito della distinzione dell’umanità in due parti che devono restare distinte, quella dei superiori e degli inferiori. I primi sono ricchi e i secondi poveri. Quest’educazione capitalistica c’era sempre stata anche prima del capitalismo, per quanto silente: la pellicola ha il merito di mostrarne la sciatteria morale, e la sofferenza mentale profonda che coglie coloro che la mettono in pratica in modo coerente.

De Sica e Sordi recitano alla perfezione. Ma anche tutti i tanti comprimari sono all’altezza. Sordi interpreta il provinciale italiano, e la sua figura mostra come provinciali sono sicuramente i frustrati, quelli che non si sentono all’altezza di ciò che vorrebbero essere

(evidentemente perché hanno una percezione sbagliata di ciò che è meglio essere, basata sullo sguardo altrui anziché sul proprio); ma mostra anche come provinciali siano, e non certo di meno, coloro che hanno voluto far parte della classe dirigente di sempre, in modo acritico e senza le dovute contromisure da prendere contro gli enormi vizi del proprio privilegio, che si vuole far a ogni costo valere agli occhi degli altri.

 

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