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I sovversivi

Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I sovversivi

di hallorann
6 stelle

1964, muore Palmiro Togliatti, in attesa dei funerali si intrecciano le vicende di Ermanno, un neolaureato in filosofia (“hai 23 anni ma ne dimostri 40! – “Odio i vent’anni e chi dice che sia l’età migliore”) che con l’amico fotografo di professione Muzio si dedica appunto alla fotografia e agli anagrammi per gioco. “La filosofia è solo una tecnica”, dice ai genitori in visita, poi torna dalla moglie molto più grande di lui, davanti al feretro del segretario del P.C.I. dice: “Era ora”, intanto continua a catturare volti e curiosità intorno alla morte di “Ercolino”. Ettore è un rivoluzionario venezuelano, fidanzato in Italia e politicamente confuso. Per lui Togliatti era morto da dieci anni, dopo alcune discrepanze con una delegazione di compagni del suo paese decide di ripartire convinto di fare la rivoluzione “perché la storia non accade, si inventa” e ai compagni italiani recrimina che “la rivoluzione non l’avete saputa fare e per consolarvi sperate che la faccia il terzo mondo”. Il regista Ludovico gira un film su Leonardo da Vinci in età ormai avanzata e sbadigliante su una spiaggia. Scopre di essere malato ma deve concludere lo stesso e in maniera grottesca le riprese della pellicola. Sebastiano un funzionario del partito comunista scopre la relazione omosessuale della moglie. Il giorno tanto atteso dei funerali ognuno di loro prova emozioni diverse: Ermanno reagisce alle esternazioni di un conservatore fregandosene del “civismo da dimostrare a tutti”, delle provocazioni da evitare e così via…

“Affinità e divergenze tra il compagno Togliatti e noi” verrebbe da parafrasare un famoso album del ’85 dei CCCP per riassumere il punto di vista dei F.lli Taviani ne I SOVVERSIVI sui funerali del segretario storico del P.C.I. per vent’anni, sulla politica del “Migliore” e sulla fine di un’epoca. Con la volontà di superare “il neorealismo che era diventato accademia” girarono un film quasi godardiano o almeno molto vicino allo spirito de LA CINA E’ VICINA di Bellocchio, dunque percorso da una sottile ironia (fin dalla prima famosa battuta sui “poveri gattini ciechi” catturati dall’obiettivo di Ermanno), sberleffi più o meno riusciti, anticipazioni dell’imminente ’68 e, va detto, senza le pesantezze ideologiche e allegoriche del successivo SOTTO IL SEGNO DELLO SCORPIONE. Acerbo, curioso e con non tutti i personaggi messi a fuoco. Bravissimi Giulio Brogi e l’inedito Lucio Dalla: dinamici, febbrili, carismatici ed espressivi.

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