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Bodies (2023)

1 stagioni - 8 episodi vedi scheda serie

Serie TV Recensione

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Bodies (2023)

di mck
7 stelle

“Se è uno scherzo dobbiamo scoprire chi sta ridendo.”

 

 

Stephen Graham scavalca cadaveri.

Si son dovuti mettere tutti molto d’impegno – mi riferisco al creatore e sviluppatore Paul Tomalin (l’ep. “They Keep Killing Suzie” della 1ª stag. di “TorchWood”, le 3 stag. di “No Offence” con Paul Abbott e la 2ª stag. di “the Frankenstein Chronicles”) e alla sua squadra (principalmente la co-sceneggiatrice Danusia Samal e soprattutto, per Netflix, la produttrice Susie Liggat), mentre non conosco l’opera di partenza da cui la serie, “Bodies”, è stata tratta, ovvero l’omonimo graphic novel del 2014-‘15 di Si Spencer e soci, anch’esso suddiviso in 8 parti –, m’alla fine ce l’hanno fatta: hanno creato il finale più idiota dell’intera storia del cinema, e non sto scherzando né esagerando: con gli ultimi 5 minuti – letteralmente: gli ultimi 300 secondi (gli ultimi frame, poi, sono incomprensibili e inaccettabili, oltre che inservibili come un per altro inutile cliffhanger) – hanno buttato nel cesso i poc’anzi già annunciati 8 episodi da 50 minuti l’uno, i primi 4 diretti da Marco Kreuzpaintner (“Beat”) e gli ultimi 4 dalla semi-esordiente Haolu Wang, per un totale di 400, vale a dire, “non a caso”, 6.66 (periodico) ore, che sino ad allora – pur abusando di scorciatoie, stratagemmi e luoghi comuni –, grazie ad un eccellente character design [messo in scena da ottimi attori: Stephen Graham [Snatch, Gangs of New York, This Is England, the Damned United, Public Enemies, Al Capone in BoardWalk Empire, Texas Killer Fields, Taboo, the IrishMan, Time, Help, Boiling Point (film e serie), Peaky Blinders, Blitz], Shira Haas (“Unorthodox”), un DC (detective constable) del 2053, disabile, e Jacob Fortune-Lloyd (“the Queen’s Gambit”), un DS (detective sergeant) del 1941, ebreo, su tutti, poi Kyle Soller (“Marrowbone”), un DI (detective inspector) del 1890, gay, Amaka Okafor, un DS del 2023, musulmana [da notare che più si progredisce dal passato verso il futuro più i gradi dei protagonisti detective si abbassano (tenderei invece a non fare classifiche sulle "minoranze", qui ordinate cronologicamente: gay → ebrei → musulmani → disabili), fatto salvo il fatto che alla fine la DC del 2053 sarà promossa a DI senza passare da DS, anche se poi finirà - volontariamente - nel 1890], Tom Mothersdale, Gabriel Howell, George Parker, Synnove Karlsen (“Last Night in Soho”, “the Midwich Cuckoos”) e Greta Scacchi] e ad un buon world building [a parte qualche lampad(in)a ad incandescenza, al neon e a LED ch’esplode o si fulmina come l’appena citato sovradosaggio di figurazione retorica in eccesso comanda, la continuità ambientale fra i set interni ed esterni dei singoli periodi storici (1889-’90, 1941, 2023 e 2053) oltre che quella temporale in relazione tra loro è egregia], fra “the Prestige”, Cloud Atlas” e “Shining Girls” (e in un certo senso, ma per altri versi, "Utopia"), con la fotografia di Joel Devlin e Paul Morris e le musiche di Jon Opstad e con un paio di momenti di stanca, vale a dire a metà della prima parte (tra il 2° e il 3° ep.) e della seconda (tra il 6° e l’8° ep.), avevano funzionato, pur col benigno intervento della sospensione dell’incredulità bonariamente sollecitata più volte, quasi a dovere.

 


Specchio, specchio delle mie brane! (O trame.)

Quel che per 395 minuti aveva retto grazie alle suddette ragioni esposte (aggiungo che la più credibile interpretazione dell’accettazione di una cosa incredibile si rivela essere… finta, m’ad ogni modo ben interpretata da Michael Jibson), portandosi a casa un niente affatto esagerato ***¾ - 7.5, con quell’ultima sveltina da brainstorming de “gli Occhi del Cuore” recante seco un *¾ - 3.5 pesante come un macigno e sprovvisto di fegato (vedi sotto) che fa crollare tutto – tutto – appena al di sopra di un’accettabile sufficienza. Deve esistere – a proposito di numeri della bestia (che poi questa sia la mia recensione n. 1000 è, almeno lo spero, tutta un’altra faccenda) – un particolare girone purgatoriale, se non infernale, per questo genere di peccato irredimibile. (Per “capirci”, senza spoiler – tornate qua dopo… aver assistito al finale, e (non) parliamone (più) –, si sente persino, un po’ attutito/ovattato, un “Wuuush!” quando -omissis- scompare: se "viaggi" indietro nel tempo crei una nuova Linea S-T nella quale puoi convivere con te stesso, se "viaggi" in avanti nel tempo crei una nuova Linea S-T che nel frattempo è progredita senza di te, ma in ogni caso non esiste alcun Paradosso del Nonno e le persone non fanno "Puf!" svaporando, cazzo!) Il mio spassionato consiglio/avvertimento comunque è quello di – giust’appunto contraddicendomi sùbito e tornando immantinente sui miei passi – assistere a “Bodies” sino a 5 minuti prima della fine dell’ultimo episodio, per poi teletrasportarsi indietro nel tempo e iniziare di nuovo: sembra una maledizione di (vedi sopra) Sisifo/Prometeo, ma in realtà è molto meglio che sorbirsi il finale in questione.

 


“Se è uno scherzo dobbiamo scoprire chi sta ridendo.”

* * * ¼ - 6.5  

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