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Killing Eve

4 stagioni - 33 episodi vedi scheda serie

Recensione

Stagione 1

  • 2018-2018
  • 9 episodi

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mck

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La recensione su Killing Eve

di mck
8 stelle

Un buon, serio "divertissement". Dolcemente caustico, cinicamente disincantato, ironicamente romantico, struggentemente sarcastico. Un adorabile e doloroso Punto di Lagrange fra due tipi diversi (con differenti gradazioni) di sociopatie: l'una, Eve Polastri, leggermente reazionaria, l'altra, Villanelle, del tutto "anarchica".

 

 

Oh, dear!

 

"Killing Eve"

"Killing Eve"

"Killing Eve"


Phoebe Waller-Bridge, classe 1985, autrice ed interprete teatrale, attrice in "BroadChurch" e "Solo: a Star Wars Story" e creatrice, sceneggiatrice e protagonista di "Crashing" e "FleaBag", traendo (e tradendo) dalla serie di novelle di Luke Jennings [non so, avendone solo sfogliata qualche pagina in lingua originale, se i tomi dello scrittore - critico di danza dell'Observer (the Guardian) - valgano poco o qualcosa, di certo il lavoro di traslazione e adattamento di P.W.-B. è riuscito, prezioso (leggero e stratificato) e inventivo] dedicate al personaggio di Villanelle questa serie targata BBC America, compie un atto meritorio: le disadorna dall'allure della contestualizzazione mitico-cronachistica ciclostilata ed illustrativa (Dan Brown, Donato Carrisi, Michael Connelly, Glenn Cooper, Patricia Cornwell, Clive Cussler, Elisabeth George, John Grisham, James Patterson, Preston & Child, Kathy Reichs, James Rollins, Scott Turow, etc... Mentre James Ellroy, Jeffery Deaver, P.D.James, John Le Carré, Elmore Leonard e Don Winslow son d'altra pasta, schiatta e razza) e dona loro il proprio stile: dolcemente caustico, cinicamente disincantato, ironicamente romantico e struggentemente sarcastico: un adorabile e doloroso Punto di Lagrange fra due tipi diversi (con differenti gradazioni) di sociopatie: una, Eve Polastri, leggermente reazionaria (*), l'altra, Villanelle, del tutto "anarchica" (**).  

 


Entrambe mosse dalla noia: del proprio impiego, quasi parastatale, tipo Joseph Tuner nel pollackiano sempre seminale “Three Days of the Condor”, l'una, e della...Condizione Umana, l'altra.     

 


(*) Eve Polastri vuol far bene il suo lavoro, proteggere il suo Paese, disposta per questo a sacrificare la tenuta stabile della sua famiglia, cabotando tra MI5 ed MI6, salvo poi prendere il mare, anzi l'oceano aperto del contro-spionaggio triplo-giochista.

Un agente doppiogiochista/traditore a Carolyn Martens (Fiona Shaw), poi Eve (Polastri (Sandra Oh) gli risponde:
- "Si sono offerti di pagare le cure mediche di mia moglie. Sapevano tutto sulle sue condizioni. Sapevano che il sistema sanitario non offre alcuna cura per il cancro senza finanziamenti privati da parte dei pazienti, di questi tempi. Non avevo scelta."
- "Non puoi incolpare il sistema sanitario per questo."
- "No, certo che no. Incolpo il governo."    

 


(**) Villanelle è una carinissima, tenerella, pericolosissima bestiolina schizoide. Villana. Nel senso etimologico del termine: affrancatasi dallo sprofondo della steppa russa d'oltre Urali, abbandona la campagnola provincialità est europea e veste Chanel e profuma Dior, divenendo upper-cosmopolita. Bla-bla-bla a parte: è un'assassina seriale che incanala questa necessità di osservare, capire, sondare, comprendere, vivere perpetuamente la morte in una sorta di compromesso - in nessun modo anche solo vagamente assolutorio - con un'ombra - imago stantia - di morale, in stile “Dexter”.

Eve a Villanelle (Jodie Comer):
“Per chi lavori? Perché stai uccidendo queste persone?”
“...”
“Non lo sai?”
“Tu sai per chi lavori?”
“Si”
“Davvero?”
“Si”
“Davvero? Se scavassi più a fondo, probabilmente scopriresti che lavoriamo per le stesse persone.”    

 


8 episodi (di cui la metà sceneggiati dalla showrunner e gli altri da George Kay, Vivky Jones e Rob Williams) da 40' l'uno diretti da Harry Bradbeer, Jon East e Damon Thomas [bellissima scena con due contro campi in primo piano di Eve e Villanelle: sfocata l'una di spalle (solo una spalla inq.ta), e sullo sfondo, di fronte l'altra. Per contro, altro campo-controcampo: ricognizione sul luogo del delitto (morte per dissanguamento in seguito ad evirazione) – stacco würstel a rosolare in padella. Eh beh...].
Gran cast: oltre a Sandra Oh, Jodie Comer e Fiona Shaw (un trio che più eterogeneo non si può), spiccano: Kim Bodnia e David Haig, seguìti da: Owen McDonnell, Darren Boyd, Sean Delaney, Olivia Ross, Susan Lynch e Kirby Howell-Baptiste.    

 

 

Musiche originali di UnLoved (David Holmes). Tra le non originali, composizioni e interpretazioni di: Eric Satie, Cigarettes After Sex, the Kills, Francoise Hardy, Anna Karina, Brigitte Bardot...

 

 

Trovo del tutto idiote (stupide + deficienti + superficiali + gratuite + infondate) le critiche mosse al momento specifico contenuto nella oramai “celeberrima” suo malgrado scena della festa di compleanno del boss mafioso (Remo Girone) tenuta in una mega-villa storica in Toscana in cui l'orchestrina ad un certo punto attacca a suonare una tarantella (tat-ta-taa / tat-ta-taa // tat-ta-ta-ra-ta / ta-ra-ta-taa!) perché, oltre ad essere idiote-di-per-loro, provengono altresì, portandosi addosso quest'aggravante, da gente (probabilmente discendente dallo stesso ceppo della schiatta che ha storto il nasino tira-pugni di fronte a “To Rome with Love”) che, in primo luogo, accusa gli anglo-americani di non conoscere l'Italia e di cadere nella classica trappola del mettere in scena per pigrizia e ignoranza e indifferenza uno stereotipo macchiettistico [***], semplificatore e fuorviante [a tal proposito da questo PdV si pensi a “Trust” - serie incentrata sul rapimento di John Paul Getty III - di Danny Boyle in cui alla regia di un (pur solo) episodio è stato chiamato Emanuele Crialese, proprio / per contro l'autore dei nuovi (post-Banderas) spot pubblicitari della Mulino Bianco (Barilla) con Pasotti e Grimaudo: un ritratto fantascientifico/possibile dell'Italia di oggi] e ch'ella, in seconda istanza e di conseguenza causale, per prima invece ignora lo Stato delle Cose di un paese, il proprio, che 'sì ignobilmente calpesta bevendone l'acqua, mangiandone i frutti e respirandone l'aria: cosa diamine vi sia di strano in una festa di compleanno di un capo mafia camorrista tenutasi in Toscana al suono di una tarantella lo sanno solo loro, debosciati. Io le tarantelle le sento pure a Busto Arsizio: altro che oltre Po, altro che Linea Gotica, altro che Rubicone, qua bisogna segare l'Italia in due appena sotto a Malàno!
Sarebbe come, spostando un attimo il PdV dall'incongruenza all'onor di patria ferito, se gli olandesi si mettessero a criticare la serie per la presenza di una una battuta secondaria, di passaggio, presente in uno dei primi episodi, ovvero quella relativa all'omicidio di un non identificato politico nederlandese (Rep.it - ilPost.it).   

 


[***] Non so se e come Beatrice Mele [“Killing Eve […] risente positivamente dei guizzi indiscutibili della sua autrice, purtroppo sopraffatti dagli imperativi di una spy story semplificata ambientata in più paesi (con un momento what the fuck già al primo episodio quando, durante una festa privata in Toscana, una band suona la tarantella)”: lo vada a dire pure a Niccolò Ammaniti e soci, quando “'O Guarracino” esplode nell'aere durante la festa di compleanno del Presidente del Consiglio - non propriamente partenopeo - in “il Miracolo”] possa essere riuscita a vedere la serie in anteprima, quel ch'è certo è che le conferisce un voto di 4 su 10 (2 pallini su 5) sul n. 766 del Mucchio di maggio '18, quindi chiuso redazionalmente alla fine di aprile, diciamo a metà della 4a settimana, quando non solo in Italia ma in tutto il mondo erano usciti al massimo solo 3 episodi su 8. Basterebbe una nota esplicativa all'inizio o alla fine della “recensione”, tipo: “Il voto alla serie è stato assegnato dopo averne vista meno della metà degli episodi”.
E ancora, scrive, la caporedattrice della rivista che fu, in qualche modo, a suo tempo, selvaggia: “Killing Eve è una serie che si fa guardare. Magari facendo altro”. Ad esempio: guardarla.
PS: ho visto migliaia di film, so abbandonare una serie già a metà del pilot o dopo un paio di episodi per non riprenderla, mai, più (“the Walking Dead”, “Under the Dome”, “American Horror Story”: poi, ci sono i guilty - ma molto guilty - “pleasure”: “WayWard Pines” non-docet...) senza rimpianti, rimorsi e mugugni. Però almeno lo scrivo.    

 


* * * ½ (¾)

 

m.c., 01 Giu. '18

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