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Non succede niente
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Leggendo l'introduzione alla lista che presenta le uscite della settimana ho annotato mentalmente la distanza siderale che c'è tra il minutaggio del nuovo film di Martin Scorsese (Killers of The Flower Moon) e il nuovo prodotto - non sono riuscito a dire film non vogliatemene - dei Me contro Te. Sono i due film che insieme si prendono 1500 schermi in questo fine settimana.

Sostanzialmente il film di Scorsese dura praticamente tre volte quello dei Me contro Te. Chi ha redatto quel testo ha anche voluto introdurre un elemento che, personalmente, non considero mai come dirimente nella mia scelta su quale film guardare ma che potrebbe essere diventata una domanda che invece molti spettatori si pongono: la durata eccessiva di un film può agire come disincentivo?

Ovviamente le due pellicole che dominano gli schermi di questa settimana sono prodotti che cercano pubblici molto diversi, quindi il confronto questa volta potrebbe non avere molto senso. Possiamo però prenderlo come uno spunto per introdurre un paio di questioni.

La prima è meramente economica.
Un film che dura poco più di un'ora porta con sé, per gli esercenti, la possibilità (la potenzialità, più che altro) di realizzare un gran numero di proiezioni quotidiane. I film brevi, infatti, sono sempre stati molto amati dai gestori delle sale. Più spettacoli, più gente, più pause tra uno spettacolo e l'altro, più bevande, gelati e popcorn venduti. Se poi stiamo parlando di film che incassano bene come quelli dei Me contro Te, è chiaro che il fatto che durino solo un'oretta può essere una buona cosa. Nello specifico, infatti, i loro film hanno la tendenza a fare la fiammata nella prima settimana per poi calare e lasciare la programmazione abbastanza velocemente, occupando gli schermi per uno spettro temporale minore rispetto ad altri film con simili incassi. Un film da tre ore e mezza, quindi, può sviluppare un numero minore di proiezioni giornaliere e - presupponendo una parità di interesse verso il prodotto, chiaramente - ha bisogno di più giorni per generare lo stesso incasso.
A margine di questa annotazione rilevo che il fatto che i biglietti per un film di tre ore e mezza e quelli per un film che dura poco più di un'ora costino uguale è una piccola stortura.

La seconda questione è invece più psicologica.
A giudicare dal trend del nuovo millennio, sembra che i film d'autore, quelli con grandi cast, i film spettacolari, i film con grandi budget alle spalle, abbiano accumulato negli ultimi due decenni una spiccata tendenza alla lunghezza che ha alzato la durata media dei film da 90/100 minuti a 120/150. Se da un lato girare in digitale e non in pellicola ha reso più economico sfornare film lunghi, dall'altro mi sembra che questa semplificazione produttiva e quindi economica si sia intersecata con una volontà specifica che è il riflesso di un bisogno del marketing: quello di posizionare i film per il grande schermo sempre più come un'esperienza unica. Anche, se non principalmente, con il fine di combattere la concorrenza dei piccoli schermi casalinghi. Anche la durata del film collabora, forse, a questo restyling percettivo del prodotto cinematografico con cui si cerca di affermare una specie di assioma: dura tanto quindi è un evento unico, quindi bisogna vederlo al cinema.

Paradossalmente però, spessissimo, il comune sentire, o meglio la frase che più spesso si legge e si sente tra gli spettatori è: ci sono venti/trenta minuti di troppo, poteva/doveva finire prima, oltre al temibile "troppo lento". Il fatto che poi passiamo mezz'ora sul divano di casa a sfogliare locandine tutte uguali solo per scegliere quale film guardare non sembra un problema, forse quel tempo non è fatto della stessa materia. E anche il fatto che siamo capaci di ingurgitare una miniserie di 8 episodi da 30 minuti in un solo pomeriggio è ormai fatto socialmente (e acriticamente?) accettato e non smuove alcun sopracciglio.

Che noia.
Un piccolo discorso a parte merita uno degli aggettivi più temuti e abusati nella contemporaneità: noioso. Un abuso che mette in evidenza almeno due cose. Prima di tutto una crescente incapacità cronica anche solo a contemplare che "la noia" possa essere un motore esistenziale di ricerca, progresso, sviluppo dei nostri orizzonti. E secondariamente la sua relazione con una nostra costante ansia che, temiamo, la noia possa liberare, rendere palese, intollerabile. Naturalmente questa ipersensibilità va a discapito di tutti quei prodotti culturali dal ritmo meno codificato che sono sempre a rischio di venire liquidati con un perentorio "Non succede niente" oppure "Troppo lento".

Ovviamente le generazioni più giovani sono quelle per le quali questo circolo vizioso ansia/noia/paura della noia/ansia è più pesante da gestire. E probabilmente è anche per questo che i prodotti tagliati per le giovani generazioni tendono a lavorare su schemi ben rodati, cercando di non proporre eccessive lentezze e evitando come la peste apparenti punti morti narrativi. Oppure sfornando prodotti, come appunto la serie dei Me contro Te, che... devono durare poco.

Tutto torna, quindi?
Su certi spettatori si agisce alimentando la percezione dello spettacolo unico per portarli a frequentare la sala. Su altri evitando i tempi morti e percorrendo strade ben oliate e marchi di comprovato affetto. Con i più piccoli, invece, facciamo veloce che è meglio. D'altronde la leggenda vuole che Nerone, per noia, abbia dato fuoco a Roma. Meglio non rischiare!

E voi?
Un film di tre ore e mezza stuzzica la vostra percezione di trovarvi davanti ad un prodotto unico che va visto al cinema? Macché, agisce come deterrente? O semplicemente, come succede a me, ve ne fregate? E come la mettiamo con la noia? Siete capaci di sospendere il giudizio e aspettare che il film vi conquisti con il suo personale tempo narrativo? E se non succede, iniziate una fuga, una piccola personale ribellione, per i fatti vostri, verso altri orizzonti, scansando abilmente l'ansia per il futuro che tutti attanaglia? O dopo un po' cominciate a guardare nervosamente l'orologio e a dire "Ehi, ma qui non succede niente"?

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