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Intervista a Ken Loach
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Al Festival di Cannes, in partenza il prossimo mercoledì, in concorso c’è un film che rappresenta un evento nell’evento. Si tratta di Jimmy’s Hall, quello che a detta del regista Ken Loach dovrebbe essere il suo ultimo lungometraggio di finzione (per lui, si prospetta un futuro da documentarista). Realizzato tra mille difficoltà anche tecniche (non è un mistero che Loach abbia faticato a recuperare gli ultimi metri di pellicola necessari, messi poi a disposizione dalla Pixar), Jimmy’s Hall racconta la storia di Jimmy Gralton, irlandese che negli anni Trenta si è visto espellere dalla propria patria a seguito della creazione di una sala da ballo, considerata minacciosa dalle autorità – soprattutto ecclesiastiche – per la libertà di pensiero che veicolava.

Per l’occasione, a raccontarci Jimmy’s Hall è il diretto Ken Loach mentre chi volesse saperne di più sulla genesi dell’opera e su chi era Gralton può far riferimento al nostro approfondimento presente nella sezione “Extra” della scheda dedicata al film.

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Intervista a Ken Loach

Ken Loach

Jimmy's Hall (2014): Ken Loach

Che cosa l’ha spinta a raccontare la storia di Jimmy Gralton?

La sua è una storia di grande ricchezza, che sfida l’idea per cui la sinistra è moribonda, deprimente e ostile all’umorismo, al piacere e alle feste. La sua vicenda mostra elegantemente fino a che punto la gerarchia ecclesiastica è pronta a far blocco con il potere economico. La storia di Gralton è accaduta in passato ma è più moderna che mai: Stato e Chiesa sono diventati agenti di repressione e complici, anche chi deve rappresentare il potere e incoraggiare la libertà di pensiero e la tolleranza finisce per cercare l’approvazione della Chiesa. Sono i cosiddetti principi della realpolitik.

Dopo Il vento che accarezza l’erba, Jimmy’s Hall può essere considerato la seconda parte di un dittico dedicato all’Irlanda?

Jimmy’s Hall si svolge esattamente una decina d’anni dopo agli eventi raccontati in Il vento che accarezza l’erba, film nel quale un proprietario terriero anglo-irlandese pronunciava la frase: “Questo paese diventerà come uno stagno infestato da sacerdoti”.  Le sue parole sono state profetiche, rivelando quello che è successo negli anni a venire. Da allora, molte battaglie sono state condotte e oggi il potere della Chiesa, a causa anche dei numerosi scandali che l’hanno vista protagonista, si è ridotto ma ai tempi di Jimmy’s Hall Chiesa e sacerdoti avevano mezzi e modi illimitati e indiscutibili.

In che misura il film è storicamente accurato?

In realtà,  Jimmy’s Hall è solo ispirato alla vita e ai tempi di Jimmy Gralton. Non sappiamo molto della sua vita e della sua personalità: dalle poche certezze, sappiamo che era un ragazzo brillante e ciò ci ha concesso la libertà di immaginare la sua vita privata e le scelte che ha fatto. Abbiamo voluto con lo sceneggiatore Paul Laverty presentare allo spettatore un personaggio ricco e complesso e non una caricatura militante. Si è trattato di un equilibrio difficile da tenere o ottenere e che viene da una serie di domande che anche noi ci siamo posti: ad esempio, è possibile che Jimmy avesse una relazione con qualcuno? Che tipo di rapporto era?

Abbiamo provato ad immaginare i suoi segreti più intimi e a condividerli con il pubblico. Non abbiamo nemmeno caricato la figura dei sacerdoti: era molto più interessante immaginare un uomo di chiesa che, nonostante l’aggressività di fondo, rispetta l’integrità del nemico.  Jimmy aveva qualità che il sacerdote non poteva fare a meno di notare.

Che cosa rappresenta la sala di Jimmy, la hall che è causa di tutti i suoi problemi?

La hall è l’epitome del suo spirito ribelle: si tratta di uno spazio dove le idee possono essere messe alla prova ed espresse tramite la poesia, la musica e lo sport. È un luogo dove le persone possono liberare il loro talento e, naturalmente, ballare.

Quale è il ruolo di danza e musica nella trama?

Rappresentano una manifestazione di libertà. E, come tali, sono sempre un pericolo per coloro che cercano di esercitare ed imporre il loro potere. Anziché usare una colonna sonora preregistrata, ho voluto dare spazio alla musica filmando dei veri musicisti intenti a suonare, mostrando in questo modo anche le interazioni tra coloro che suonano e i ballerini.

Ha voluto girare in mezzo alla campagna irlandese e non in studio. Ci spiega la sua scelta?

È stato molto più semplice girare sul luogo. Il paesaggio è molto importante non solo esteticamente ma anche per l’impatto che paludi, nebbie e tutto il resto, hanno sulla vita delle persone. Girando in studio, si impone una sorta di disciplina e plasticità che lo spettatore attento avverte. Dopo aver esplorato varie location nell’Irlanda occidentale, ho scelto di girare nella contea di Leitrim, dove la vera storia di Jimmy ha avuto luogo. Ciò ci ha permesso di essere più fedeli alla realtà storica ma anche di lavorare in una zona dove non si trovano molte tracce di modernità.

È possibile fare un parallelo tra l’Irlanda di Jimmy e quella di oggi?

Credo che la lotta non sia cambiata. La crisi finanziaria del 1929 ha causato dieci anni di depressione economica e disoccupazione di massa. Oggi è la stessa cosa: la sinistra non trova convincenti argomentazioni politiche, anzi non ne ha mai trovate. Il dibattito politico si concentra tra più partiti di destra e i più poveri sono quelli che pagano le conseguenze maggiori. Molti giovani non hanno prospettive future e in Irlanda la gente emigra in cerca della sicurezza del lavoro. Pertanto, la situazione odierna non è molto diversa da quella dei tempi di Jimmy: siamo di fronte a una nuova crisi finanziaria che provoca nuova depressione economica.

Il cinema può influenzare il dibattito politico?

Non credo che il cinema possa modificare l’agenda politica. In primo luogo, i film con budget milionari rispettano lo status quo o presentano solo facili vie di fuga alla realtà. Il cinema potrebbe produrre opere più audaci ma non è il caso delle opere commerciali.

D’altra parte, il cinema può però creare risonanze, sollevare domande e scuotere i pregiudizi, evidenziando l’esistenza della gente comune. È solo attraverso il dramma della quotidianità, dei suoi conflitti, delle lotte e delle gioie, che possiamo  intravedere la gamma di possibilità che ci offre il futuro.

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