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ROMM - Random On line Music Moviements - capitolo 1
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 The amazing sound of the amazing Spiderman


Don’t panic, don’t panic… Ok, panic!


Il film è Shaun of the Dead: Edgar Wright sdoganava gli anticristi musicali degli anni 80, gli Smiths, presso i pischelli ignari del 2004, esaltandone le musicalità più parossistiche e meno cupe. Molto, molto più dark, splatter persino era stato Lamberto Bava, che nel 1986 aveva utilizzato la medesima Panic (hit del momento) nella soundtrack di Demoni 2, ma sfortunatamente non abbiamo alcuna traccia videodocumentabile.


5 anni dopo i morti dementi un affermato videomaker, Marc Webb, produceva una commedia finto indie di grandissimo successo commerciale, 500 Days of Summer, lui e lei in una storia in una storia con deadline con deadly ending, e omaggiava la band di Morrisey cogliendone il romantico, grottesco cupio dissolvi in There is a light that never goes out.

 


Ascensore, ergo spazio circoscritto, lei e lui soli, lei capta la musica nell’auricolare di lui. Se un pullman a due piani ci investirà, beh, morire al tuo fianco sarà il modo più sublime di morire. The dark side of the eighties, prima di ogni compassionevole emo.
Guardate adesso come Webb gira 21 Guns:

 


Al di là del bene e del male sui Green Day, ci sono lui e lei, c’è uno spazio circoscritto, il buio e la luce come facce dello stesso amore della stessa morte, poi ovviamente c’è il divo di turno e la mania per i capelli artificiosamente arruffati in modalità bohemien decadent dandy.
Vedere la musica del nuovo millennio con gli occhi di un (non più) giovane fanatico degli Smiths: questo fa Marc Webb in molta della sua copiosa produzione di videoclip. Se non ci credete, guardate il video di The Ghost of You dei My Chemical Romance:

 


Lui e lei alla enne, acconciature perfette, spazi circoscritti violentemente violati, morte, apologia, Se non siete ancora convinti, puppatevi Helena, altro must dei MCR:

 


Webb, perfettamente padrone dello spazio, esalta la geometricità della visione con una coreografia sepolcrale esilarante assai, che culmina nella danza sincopata della sposa cadavere finalmente in grado di offuscare il solito bellicapelli al microfono.
La medaglia  ha sempre due facce: da un lato la visione si fa neointimista, vedasi il suo lavoro per i Brand New o per gli Evanescence


Dall’altra, la visione sfiora il titanismo, con scene di grandissimo impatto visivo. Pensiamo a The Leaving Song PT II, che ha realizzato per gli AFI



O a Miss Murder, per la medesima band.



Artigiano capacissimo, di impronta classica, modella il suo stile videoclipparo in corso d’opera, tra padronanza geometrica degli spazi, neoromanticismo letale, magniloquenza e minimalismo in cortocircuito emozionale, rappresentando la firma più autorevole nello scenario musicale post punk post dark post emo post metal post post post anni 80. Il suo genoma intrinsecamente commerciale stuzzica le attenzioni pecuniarie della Disney, che gli commissiona il video di Star All Over nel 2008, una virginale Miley Cyrus che canta e balla sotto le sembianze antetwerking di Hannah Montana:

 



Video en plen air, coreografie divertenti, spazio scansionato con occhio cibernetico e utilizzato con rigore marziale. Deve essere piaciuto parecchio ai Lords of Disney, visto che hanno voluto regalargli un giocattolino mica da niente, il reboot di Spiderman, la nuova trilogia sull’Arrampicamuri.



Lasciamo perdere il confronto con Sam Raimi, sarebbe diversamente ingeneroso per entrambi, consideriamo solo che  se il primo poco Amazing Spiderman è – stando a quanto dichiara – puro apprendistato, nel secondo Webb prende decisamente le redini, a cominciare, guarda caso, dalla colonna sonora. E chi chiama a schitarrare sotto l’egida di DIo Hans Zimmer ?
Johnny Marr. Johnny Marr degli Smiths. 

Accanto a lui, Michael Einziger (Incubus, per i quali Webb ha ovviamente girato un videoclip), Junkie XL, Andrew Kawczynski e Steve Mazzaro, Pharrel Williams. The Magnificent Six.
La soundtrack entrerà nella storia, sentite come si sprigiona l’energia, ascoltate Electro Suite:

 



Bella vero ?


Adesso togliete gli auricolari e parliamo del film. Spiderman è Marvel che è Disney, quindi è zeppo di scivolate comicarelle che leniscono la lunghezza del film per adolescenti e preadolescenti. Una lunghezza francamente eccessiva, ma la colpa è di quel maledetto Nolan che ha reso obbligatorio parlare dei supereroi come se si parlasse di Shakespeare. Webb riproduce sul grande e grandissimo schermo tutti i suoi stilemi già esemplificati.  C’è uno spazio circoscritto, in questo caso  la città di New York, con il racconto verticale dello skyline ad assetto variabile sulle traiettorie del Ragno, Ci sono le coreografie nelle meravigliose scene d’azione che squarciano la storia. Su tutte spicca il grandioso affresco dell’avvento di Electro in una Times Square interamente ricostruita indoor, con decine di persone plasticamente colte prima che Spidey le salvi dall’elettroschock. Oltre a questa, mirabile è il duello all’ultima scossa nella centrale elettrica usata dal malvagio a mo di xilofono, qui il potere visionario di Webb si esprime attraverso la potenza del suono. Electro, aka Jamie Django Fox, è un cattivone fluorescente, Hellraiser di Clive Barker travestito da Eminem, sarebbe anche credibile se solo occupasse più spazio nell’arco dei 140 minuti,ma forse è naturale che una scarica elettrica sia di breve durata.


Soprattutto ci sono lui, lei e l’altro ovviamente, in una affabulazione che più emo non si può: è la sete del sangue di Spidey, infatti, che causa la degenerazione goblinesca di Harry Osborn, pettinato con una frangetta derivativa da tutti i cantatruzzi di cui sopra. L’amore tra Peter e Gwen è romanticissimo, strizza l’occhio a Twilight, sfiora le vette di Moccia quando imbratta il ponte di Brooklyn con una megaragnatela che parla di cuore e amore, ma poi Webb si ricorda del pessimismo cosmico dei suoi video e ci regala un twist inatteso, o forse atteso, che suona struggente o inesorabile come una luce che non si spegnerà mai. Il suo pregio, o il suo difetto è che ragiona da videomaker più che da regista, componendo l’opera opera come un collage di frammenti brevi, spesso così scollegati tra loro da poter essere anteposti o posposti nel racconto senza compromissioni di senso.


Fortunatamente per lui anche noi siamo (non più) giovani fan degli Smiths, quindi siamo disposti a dargli un’altra chance.
Questo è tutto gente, passo e chiudo. Se avete avuto la pazienza di arrivare fin qui, vi siete meritati Pharell Williams.


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