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Planetarium

Regia di Rebecca Zlotowski vedi scheda film

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La recensione su Planetarium

di Spaggy
8 stelle

Sul finire degli anni Trenta, a cavallo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, Laura e Kate Barlow, due sorelle sensitive di origine americana, sono in tour a Parigi con le loro sedute medianiche. In un locale della capitale francese vengono notate dal produttore cinematografico André Korben, che le invita per un consulto privato. Durante la seduta in casa di Korben, le due sorelle riescono a far palesare una presenza che turba e inquieta l’uomo, facendo maturare in lui il desiderio di averle come protagoniste di una pellicola il cui scopo ultimo è quello di catturare su pellicola un’eventuale apparizione spiritica. Delle due sorelle, colei che ha il volto più cinematografico a detta del regista André Servier è Laura, la maggiore, mentre la più dotata per capacità paranormali è Kate.

Mentre inizia a prendere confidenza con il set, la cinepresa e la recitazione, Laura viene invitata con la sorella a trasferirsi in casa di André, costantemente alla ricerca di un modo per catturare l’apparizione con immagini reali e non ricorrendo a fittizi effetti speciali (rudimentali). Nel chiuso della lussuosa abitazione, i tre instaurano una relazione ambigua in cui il contatto con gli spiriti dei morti sortisce benefici sia sulla psiche sia sul sesso del produttore: mentre si interroga su chi sia la presenza che cerca di mettersi in contatto con lui, André ha durante una delle sedute un’evidenza erezione, momento che sancisce la formazione di un triangolo sentimentale sui generis. Mentre Laura definisce André come il suo uomo durante una vacanza di pochi giorni al mare con un gruppo di attori e artisti decadenti, il produttore fa condurre degli esperimenti sulla giovane Kate, durante uno dei quali riesce a filmare qualcosa che crede essere l’ombra di uno spirito. L’avvicinarsi dei venti della Seconda guerra mondiale, le vere origini di Korben e la malattia fatale che colpisce Kate, non riservano però niente di buono ai tre.

Lily-Rose Melody Depp, Natalie Portman

Planetarium (2016): Lily-Rose Melody Depp, Natalie Portman

Con Planetarium Rebecca Zlotowski realizza un’opera tanto affascinante quanto misteriosa. Mischiando diverse tematiche, la regista sembra voler confondere lo spettatore con le mille pieghe e svolte che prende in continuazione il racconto. Se l’attività di medium delle sorelle è il pretesto per dare il la alla girandola di eventi e sentimenti, Planetarium sembra volersi soffermare in primo luogo sul cinema e sulla sua storia. L’essere sul finire degli anni Trenta le permette infatti di analizzare due dei più grandi cambiamenti a cui il medium va incontro: da un lato, il passaggio dal cinema muto al sonoro, e dall’altro lato l’introduzione di novità spettacolari in grado di mostrare il non visto. Sebbene vi fossero già i primi segni degli effetti speciali, Korben ricerca qualcosa di più realistico, perseguendo l’ossessione di catturare i fenomeni paranormali. L’accenno alla storia del cinema diventa poi maggiormente evidente quando si accenna a un ipotetico passato nella pornografia (come attore) di Korben, un mondo proibito le cui immagini video girano sottobanco come atto d’accusa nei confronti di qualcuno che si vuole screditare. Il Planetarium, dunque, non sarebbe altro che quel luogo da cui osservare in maniera ravvicinata le stelle del firmamento e tutto ciò che gravita loro intorno. Laura, con la sua capacità di adattarsi, è l’epitome di tutte quelle attrici che, nate per caso nel cinema muto, troveranno la loro consacrazione con il cinema sonoro. Fa sorridere nel suo caso l’accostamento un po’ ardito voluto dalla Zlotowski, che nel finale la fa comparire in scena come una novella Vivien Leigh alle prese con l’immortale “domani è un altro giorno”.

Ma, nelle sue sfaccettature semantiche che lo portano ad assumere ora toni hitchcockiani ora da dramma sociale, Planetarium si trasforma anche in un’opera sul sospetto e sul clima di accuse che hanno preceduto la Seconda guerra mondiale e fatto sospettare di tutti coloro che sulla carta sono stranieri. La scoperta delle vere origini di André, che avviene mentre l’uomo realizza finalmente a chi appartiene lo spirito che ha bisogno di entrare in contatto con lui, è di fatto un atto di accusa che lo porterà in carcere, senza avere la possibilità di spiegazioni o di difesa. Difficile non pensare alla vera storia del produttore francese Bernard Natan, consegnato nel 1942 dal governo francese agli occupanti nazisti dopo una denigrante campagna antisemita.

Ben recitato (una sorpresa è di certo l’attore francese Emmanuel Salinger, interprete di Korben) e fotografato (non a caso, si usa anche una camera Alexa 65, conosciuta per essere stata usata in Revenant – Redivivo), Planetarium è più che un semplice esercizio di stile da guardare con sospetto. È semmai un esperimento di realismo magico che mescola generi e temi in maniera plastica ed estetica, un divertissement d'autore che gioca con lo spettatore senza avere la pretesa di compiacerlo.

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