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La calle de la amargura

Regia di Arturo Ripstein vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La calle de la amargura

di Spaggy
8 stelle

Piccola Morte e Akita sono due lottatori nani mascherati, che fanno da spalla a due celebri lottatori. Da gemelli, si esibiscono sul ring da sempre in coppia, sono inseparabili anche nella vita reale e non tolgono mai la maschera, assurta a simbolo sociale. I loro volti rimangono coperti dalla popolarità che la maschera può garantire loro facendo passare in secondo piano la loro deformità fisica. Figli di due ubriaconi che ne gestiscono vita e carriera, i gemelli hanno una famiglia propria ma non disdegnano di festeggiare a modo loro ogni vittoria ottenuta. Dopo un incontro andato a buon fine, li aspetta infatti una notte di sesso con due prostitute in età avanzata. Si tratta di Adela e Dora, due donne che sul marciapiedi hanno sempre vissuto lottando le avversità che un’esistenza travolta dal destino ha sempre posto loro. Amiche di vecchia data, devono fare i conti con il tempo che passa e che con un mercato che tende a estrometterle dai “giri” più redditizi lasciati in mano alle giovani. Mentre Dora vive con la sprezzante figlia adolescente e un compagno che le preferisce gli uomini, Adela tiene nel suo tugurio la sua vecchia “maestra”, un’anziana donna che le ha insegnato tutti i trucchi dell’elemosina ma che, tenuta in uno stato animalesco, è ormai incapace di muoversi o parlare.

Memori dei mezzucci a cui erano solite ricorrere da giovani per derubare i loro clienti, Adela e Dora decidono di addormentare i due nani mettendo delle gocce prese in farmacia nei loro bicchieri di alcol. Il non considerare troppo gli effetti collaterali della dose data ai due gemelli, le donne commetteranno involontariamente un omicidio che farà discutere l’intera città.

Patricia Reyes Spindola, Nora Velázquez

La calle de la amargura (2015): Patricia Reyes Spindola, Nora Velázquez

 

Ispirandosi a una storia realmente accaduta, Arturo Ripstein in La calle de la amargura (La via dell’amarezza) torna a sondare il tema della fatalità e del destino facendone un deus ex machina che nessuna pietà ha per le sue vittime prescelte. Girato in un bianco e nero che ricorda quello usato dal nostro Grimaldi per Le buttane (i due film hanno molto in comune, a partire dal clima grottesco e di surreale cattiveria metropolitana), Ripstein non risparmia colpi a nessuno. Da un lato, dipinge i due lottatori nani ancora succubi della figura materna, tipica dominante cattolica messicana che alterna alcol, preghiere alla Madonna e cinismo da manuale. A gestire le loro giornate sono di fatto le decisioni che prende la genitrice, il cui interesse principale è quello di usare i suoi freaks per racimolare denaro e per farlo è disposta a passare come un tornado sulle sensibilità altrui. Dall’altro, fornisce un ritratto quasi antropologico della povertà dei sobborghi messicani, in cui tutti vivono in casermoni senza speranza, tra prostituzione e devozione. Laddove invecchiare è un problema e il timore delle autorità è vivido, le due donne sono costrette a sopravvivere in un “mercato” che nemmeno nota il loro disperato bisogno di sentirsi apprezzate.

 

Giocando con i generi, Ripstein passa dal social drama al melodramma sul finale. A essere vittime della fatalità sono tutti quanti: i due nani, che a fine gara vorrebbero divertirsi, e le due prostitute, entrambe a modo loro in cerca di amore per scacciare la solitudine, non sono altro che vittime di un mondo che le esula dalle loro colpe. «Dopotutto se i due gemelli sono morti, è per colpa della loro statura, quando esco [dal carcere] non vado più con i deformi», si consolano le prostitute (definite di terza età dai mass media, spietati come il tempo che fugge) mai consapevoli della gravità del gesto commesso.

 

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