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The Great Game

Regia di Nicolas Pariser vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su The Great Game

di alan smithee
5 stelle

Un incontro che pare casuale, ma che poi non si rivela come tale, dà una scossa ricostituente e fa ripartire la vita ad uno scrittore in crisi, salvo catapultarlo in un intrigo di fantapolitica al di sopra delle sue un tempo lodate velleità creative di narratore.

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Si fa presto a dire “polar”! L’incontro, apparentemente casuale, su una terrazza panoramica in una notte parigina, durante una festa, tra uno scrittore in disarmo ora quarantenne, di successo quando scrisse la sua opera d’esordio almeno dieci anni prima, ed un mellifluo quanto abile portaborse al soldo di un ministro della repubblica finito pure lui a debito di consensi, assume in effetti, con tempistiche non proprio rapide, ma certo necessarie affinché l’intreccio narrativo possa svilupparsi, i connotati di un complotto fantapolitico dai tratti almeno vagamente appassionanti.

Lo scrittore, demotivato ed a corto di soldi, accetta, senza porsi troppe domande, la proposta avanzata dal misterioso individuo di scrivere, sotto pseudonimo di fantasia, un romanzo destinato a suscitare scandalo: una storia inneggiante ai movimenti semi-clandestini dell’estrema sinistra, mirata a suscitare pubblica disapprovazione e costruita ad arte allo scopo di danneggiare la reputazione e la credibilità di un ministro avversario di quello per cui lavora il portaborse, ma attualmente molto più in vista e beneficiario di consensi.

Il gioco riesce così bene che il libro scala subito le vette delle classifiche, ma costringe pure il nostro scrittore, la cui ex compagna militava un tempo nella sinistra più estrema, a rifugiarsi all’interno di una comune in cui vivono e lavorano giovani appartenenti proprio a quella corrente che lui stesso sta contribuendo ad affossare, seppur da mercenario e sotto mentite spoglie.

Quando tuttavia il complotto viene scoperto, il primo a dover scappare è proprio il mellifluo machiavellico funzionario che ha architettato tutto, e di conseguenza pure il nostro scrittore è costretto a darsi alla macchia, riuscendo a scappare fortunosamente dalla comunità e a trovar rifugio in Inghilterra.

Ma la fuga di entrambi è destinata a venir presto scoperta, con conseguenze, almeno in parte, letali e cruente.

Melvil Poupaud e André Dussolier, validi come quasi sempre accade quando capita di imbattercisi, costituiscono una coppia ben assortita, ma il film, dopo un inizio tutto trame fosche e loschi ingaggi a tratti intrigante, si perde in una rappresentazione statica e troppo teorica, quasi sessantottina e dunque poco efficace o credibile, delle ideologie che animano la vita all’interno della comune; sensazione che si acuisce ed aggrava con lo svilupparsi di una attrazione e quindi di una storia d’amore, un po’ inevitabile, ma anche un po’ tanto forzata e romanzata,  tra lo scrittore ed una avvenente ragazza leader del movimento (Clemence Poesy): intrusioni che smorzano la tensione da polar che si era tentato con un certo successo di costruire nella lodevole prima parte, e che risultano posticce e troppo teoriche per potersi alternare ad un finale nuovamente movimentato ed inutilmente risolutivo.  

    

 

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